Due anni fa molti europei non credevano all’intelligence americana che indicava che la Russia stesse per invadere l’Ucraina. Marco Travaglio il 23 febbraio 2022 scriveva: “L’altra sera, […] tg e talk rilanciavano l’ennesima fake news americana dell’invasione russa dell’Ucraina (ancora rinviata causa bel tempo)”. Il giorno dopo ci fu l’invasione da più fronti, e puntando verso Kiev. L’obiettivo non era il Donbass o le minoranze russofone, che erano in realtà in gran parte già sotto il controllo di Mosca, ma l’Ucraina tutta: il primo tentativo di cambiare i confini europei con la forza dalla Seconda Guerra Mondiale.

La reazione iniziale di europei e americani (che pure avevano segnalato l’imminente invasione) fu di offrire a Zelensky un volo per Varsavia, per creare un governo in esilio. La sua risposta fu che non sarebbe fuggito, che l’Ucraina si sarebbe difesa, e che aveva bisogno di armi, non di un passaggio. In sostanza, l’Ucraina ci ha costretto a difendere i valori e i principi del diritto internazionale, che a parole sosteniamo, ma che eravamo pronti a mettere sotto i piedi, come già nel 2014 di fronte all’annessione russa della Crimea. Quindi, chi sostiene che la guerra l’ha voluta l’Occidente non sa di cosa parla.

In questi 2 anni l’ordine mondiale è andato sempre più in frantumi. C’è uno scontro egemonico globale tra USA e Cina, che utilizza Russia, Iran, Corea del Nord, e altri per scatenare crisi locali per spostare l’attenzione americana dal Pacifico e per logorarne le capacità militari e finanziarie. È la guerra mondiale a pezzi di cui parla Papa Francesco. In gioco c’è l’ordine e l’equilibrio di potere mondiale. Gli europei hanno reagito mettendo la testa sotto la sabbia.

“Nessuno degli Stati membri dell’UE è in grado di garantire la propria sicurezza. Nessuno ha fatto tutto quel che poteva per aiutare l’Ucraina.”

L’invasione russa dell’Ucraina mostrava varie cose. Dato che la sfida egemonica è tra USA e Cina, che la Russia ha il PIL della Spagna, cioè non è un aspirante egemone mondiale, ma ha una notevole capacità di deterrenza, la politica aggressiva della Russia non trova un argine o una deterrenza significativa da parte degli USA, a differenza di quanto accadeva ai tempi della guerra fredda. Gli europei, pur spendendo insieme circa il triplo della Russia per la difesa (due anni fa, ora oltre il doppio, perché la Russia è passata a un’economia di guerra e aumentato enormemente le spese militari, mentre gli europei in modo marginale), non hanno alcuna capacità di deterrenza. La capacità e la volontà degli europei di rifornire l’Ucraina di materiale bellico è straordinariamente ridotta, e fortemente legata a quanto fanno gli USA. La dipendenza europea dagli USA per la difesa continua ad essere elevatissima, tanto che Paesi storicamente neutrali come Svezia e Finlandia sono entrati nella NATO. Peccato che la tendenza isolazionista sia in crescita negli USA, e che Trump si confermi ostile all’Europa. D’altronde, che il focus strategico americano si fosse strutturalmente spostato verso il Pacifico a causa dell’ascesa della Cina era già evidente per il disimpegno dall’Africa e dal Medio Oriente, che aveva permesso la destabilizzazione di quell’area, creando problemi agli europei, ma senza un coinvolgimento americano.

Nessuno degli Stati membri dell’UE è in grado di garantire la propria sicurezza. Nessuno ha fatto tutto quel che poteva per aiutare l’Ucraina. Continuiamo a litigare sull’applicazione dei vari pacchetti di sanzioniapprovati all’unanimità solo mediante la concessione di esenzioni specifiche a ciascuno Stato rispetto a ciò che più gli premeva, creando un regime di sanzioni pieno di buchi come il gruviera –, sulla fornitura in tempi utili di munizioni all’Ucraina (cioè comprandole sul mercato mondiale se le nostre industrie non sono in grado di produrne a sufficienza o non sono disponibili a ritardare le consegne a clienti diversi dall’Ucraina, nonostante l’offerta della Commissione di pagare le relative penali), sugli obiettivi della guerra e su quale debba essere la futura architettura di sicurezza europea, incluso per l’Ucraina e la Russia. Matteo Villa, sulla base di un’elaborazione dell’ISPI basata sui dati del Kiel Institute, ha rilevato che finora gli europei hanno speso ciascuno per la difesa dell’Ucraina 14 € al mese, e che la previsione da qui al 2027 è di spendere 4 € al mese. Siamo al ridicolo.

“I leader nazionali sono tanto impotenti quanto gelosi di una sovranità nazionale che ha mostrato tutta la sua inutilità.”

Auspichiamo la pace, ma non siamo in grado di fare nulla per promuoverla, perché non abbiamo una politica estera e una difesa unica a livello europeo. I leader nazionali sono tanto impotenti quanto gelosi di una sovranità nazionale che ha mostrato tutta la sua inutilità. Eppure l’adagio per cui l’Europa è un gigante economico, un nano politico e un verme militare mostra in realtà che l’Europa è forte e gli Stati membri deboli, perché siamo un gigante nel campo in cui abbiamo condiviso la sovranità a livello europeo, e nani e vermi dove è rimasta nazionale.

Sembra quasi che solo un’invasione diretta di un Paese membro da parte della Russia possa risvegliarci dal nostro torpore. La resistenza dell’Ucraina ci ha dato due anni per attrezzarci. Non abbiamo realizzato né l’unione dell’energia – che continuiamo a pagare il doppio di americani e cinesi, con problemi strutturali di tenuta della nostra economia nel medio periodo – né quella della difesa. Non abbiamo avviato una riforma dei Trattati per realizzarle, anche se il Parlamento Europeo ha approvato una serie di proposte di riforma in tal senso, su cui il Consiglio europeo, cioè i governi nazionali, ancora non si è espresso, e non sembra averne voglia. Due anni dopo sarebbe il momento di tirare la testa fuori dalla sabbia e guardare la realtà. 

In questo quadro l’azione federalista è cruciale. Per aiutare i cittadini – che secondo i sondaggi vogliono una difesa europea – a cogliere la posta in gioco e usare le elezioni europee per spingere verso una riforma federale. Per studiare le modalità con cui creare una difesa europea, e ratificare la futura riforma, a partire dall’ipotesi del referendum europeo di ratifica come strumento per superare l’unanimità. Per spingere il Consiglio europeo a convocare una Convenzione di riforma dei Trattati per creare un’unione politica, dotata di un governo federale responsabile della politica estera e della difesa europea. E, se anche dovessimo perdere questa battaglia, per poi spingere il Parlamento europeo a considerarla alla stregua di quella del bilancio condotta da Spinelli nella prima legislatura: la base per una nuova autonoma iniziativa costituente.

 

  

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