Nel corso del 2018, i pilastri del commercio internazionale subiscono l’attacco del nuovo corso della politica protezionista americana, per due fondamentali  motivi: (i) dare l’illusoria parvenza di un governo della globalizzazione e delle sue conseguenze negative, come l’impoverimento della classe media americana; (ii) recuperare l’egemonia, ormai persa e non più riflessa nelle organizzazioni internazionali dell’economia quali OMC e FMI, a causa dell’emergere sempre più determinato di nuove potenze economiche, prima tra queste la Cina.

La politica di Trump si articola in varie misure: (i) uscita dagli accordi multilaterali e preferenza per negoziati e accordi bilaterali per far valere il maggior peso contrattuale americano ; (ii) imposizione di barriere tariffarie con l’obiettivo di colpire Paesi verso i quali vi è un deficit commerciale cronico (come la Cina) e indirettamente aprire un confronto con l’UE; (ii) imposizione di barriere non tariffarie verso prodotti e servizi: ad esempio il divieto ai giganti TLC cinesi di partecipare ad appalti dell’amministrazione americana perché ritenuti vettori di spionaggio; (iii) misure di politica commerciale estera, come la recente ripresa dell’embargo commerciale verso l’Iran e l’imposizione di sanzioni economiche mirate nei confronti di ministri turchi, aggravando così la crisi della lira turca e della sua economica.

A fronte di tale nuovo corso, l’Unione Europea reagisce avvalendosi dell’unico settore di politica estera in cui ha competenza esclusiva, ossia il commercio estero. In particolare l’UE è competente nella negoziazione e gestione di trattati di libero scambio di beni e servizi, secondo il principio per cui la globalizzazione può essere governata mediante accordi di partenariato economico che, accanto all’abbattimento di barriere tariffarie e non tariffarie, giunga ad un aumento della cooperazione amministrativo-economica per stabilire standard comuni ed internazionali di riferimento in materia ambientale, sicurezza e tutela del lavoro e dei servizi pubblici.

Dopo la rinuncia degli USA dalle negoziazioni sul TTIP si sono moltiplicati gli sforzi dell’UE per giungere alla sottoscrizione di nuovi accordi di libero scambio con Paesi terzi, con l’obiettivo di emergere come nuovo centro stabile, credibile e affidabile dei commerci internazionali. Inoltre le istituzioni europee, al fine di consentire un rapporto maggiormente “politico” con i cittadini e l’opinione pubblica, hanno di recente adottato una procedura decisionale maggiormente trasparente e attenta alle richieste della società civile. Da ultimo, per velocizzare la conclusione di nuovi accordi è stato deciso che la Commissione indichi a Parlamento e Consiglio, di volta in volta, l’opportunità di realizzare un accordo unico o separato suddividendo la materia dei beni e servizi da quella degli investimenti (ancora oggetto di una competenza mista UE-stati membri).

Attualmente l'UE ha in corso i seguenti accordi:

  • Canada: l’ASL sottoscritto da Parlamento e Consiglio è entrato in vigore provvisoriamente alla fine del 2017. Per la parte relativa agli investimenti occorre il consenso di tutti i Paesi;
  • Cile: sono in corso negoziati per la modernizzazione dell'ASL esistente;
  • Messico: il testo per la modernizzazione dell'accordo globale UE-Messico sarà ultimato entro il 2018;
  • Singapore: l'ALS, diviso in due parti, è in attesa di adozione da parte del Consiglio
  • Giappone: entro il 2018 sarà firmato dall’UE l'accordo di libero scambio (denominato JEFTA) già sottoscritto dal Consiglio; i negoziati sono iniziati nel 2012, ma hanno ricevuto un’accelerazione a seguito dell’uscita USA dal TPP (trattato di libero scambio nell’area del Pacifico);
  • Vietnam: l'ALS, diviso in due parti, è nella fase precedente la firma e la sua entrata in vigore è prevista nel 2019;
  • MERCOSUR: sono in corso negoziati relativi a un accordo commerciale con il blocco sudamericano formato da Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay;
  • Australia e Nuova Zelanda: sono in corso negoziati ASL; le direttive di negoziato sono state adottate nel 2018.

Di questi accordi, i più interessanti sono il CETA (Comprensive and Trade Agreement) e il JEFTA (Japan-EU Economic Partership Agreement).
Il CETA ha introdotto il primo sistema di tutela degli investimenti esteri con sistemi di pubblicità e trasparenza. Il JEFTA è il primo accordo che introduce la tutela dei dati personali secondo gli elevati standard europei e, mentre in materia ambientale, si rinvia a quanto stabilito nell’accordo sul clima di Parigi, ponendolo di fatto a trattato di riferimento sul tema.

La volontà europea di difendere un ordine mondiale basato sul libero commercio e la cooperazione come vettori di sviluppo economico equilibrato, si scontra con l’assenza di un Governo in materia di politica economica ed estera.
Nella pericolosa vicenda dei dazi su acciaio e alluminio estesi anche all’UE, l’UE ha dovuto subire la reazione americana non appena ha minacciato di imporre contro-dazi su prodotti americani. Gli USA hanno minacciato di estendere i dazi anche al settore automotive, settore chiave dell’economia manifatturiera europea, spingendo il presidente Junker ad impegnare l’UE nell’acquisto di gas liquefatto e soia in cambio della revisione della politica dei dazi e dell’impegno a ricostituire i rapporti diplomatici economici. Bisogna notare che entrambi i prodotti hanno un’alta valenza politica a favore USA: il gas liquefatto verrebbe acquistato in un’ottica di diversificazione delle forniture energetiche europee -o meglio in un’ottica anti-Russa -, mentre la soia (USA è primo produttore mondiale) verrebbe venduta all’Europa per sostituire le quote che la Cina non importerà in risposta ai dazi americani.

L’assenza di un governo europeo reale priva l’UE della possibilità di difendere anche i suoi successi di politica estera come l’accordo sul nucleare iraniano che aveva contribuito a far uscire il Paese dall’embargo commerciale, a riavvicinarlo all’economia europea con una diversificazione delle fonti energetiche, a stabilizzare il Medio Oriente e a isolare la fazione politica conservatrice ed estremista.
L’annunciata uscita americana da quell’accordo è stata potentemente rafforzata dalla minaccia di sanzioni economiche verso tutti quei soggetti privati che intrattengono a vario titolo rapporti economici con l’economia iraniana. Molte imprese europee con interessi sia negli USA sia nell’Iran hanno già annunciato la chiusura di rapporti commerciali e d’investimento in Iran, isolando di fatto il Paese.

L’Unione Europea darebbe un significativo contributo alla stabilità dell’ordine dei commerci internazionali se compisse il decisivo passo verso la costituzione di un Governo federale dell’economia e della sicurezza, almeno a partire dai Paesi dell’Eurozona. Solo in questo modo gli accordi di partenariato economico costituiscono l’occasione per creare una cooperazione economica basata su istituzioni sovranazionali e per un governo della globalizzazione.

SCHEDA

CETA - Comprehensive Economic and Trade Agreement è un Trattato di libero scambio sottoscritto tra Canada, UE e Stati membri (accordo misto). Dopo l’approvazione definitiva, il trattato è entrato provvisoriamente in esecuzione il 21 settembre 2017 nella maggior parte dei suoi contenuti, in attesa che gli Stati membri dell’UE ratifichino l’accordo (al momento siamo a 9 Stati). La crescita di PIL annuo attesa dalla cancellazione del 99% dei dazi tariffari, dalla riduzione di numerose misure non tariffarie e dalla maggior tutela di investimenti è per l’UE dello 0.02–0.03%, mentre per il Canada incrementerebbe dello 0.18–0.36%.
Tra le disposizioni previste, si segnalano:

  • il mantenimento di servizi pubblici a gestione pubblica e nessuna eccezione al mantenimento di elevati standard in materia di salute, sicurezza del lavoro e ambiente;
  • l'adeguamento del Canada alle norme europee in materia di diritto d'autore;
  • il riconoscimento reciproco di alcune professioni, come architetto, ingegnere e commercialista;
  • la possibilità per le imprese europee e canadesi di partecipare alle rispettive gare di appalto pubbliche;
  • maggior accesso per le imprese europee di vendere servizi;
  • la tutela del marchio di alcuni prodotti agricoli e alimentari tipici (clausola fortemente richiesta dagli agricoltori europei e una delle parti più lunghe e difficili del negoziato);
  • nuovo sistema di risoluzione della protezione degli investimenti.

JEFTA – Japan European Free Trade Agreement è un trattato di libero scambio sottoscritto il 17 luglio. Diversamente dal CETA, l’accordo è solo tra UE e Giappone (il tema degli investimenti di competenza UE-Stati membri è ancora in fase di negoziato) per cui occorre per la ratifica l’approvazione di Consiglio e Parlamento europeo. L’abbattimento delle barriere tariffarie porterà ad un risparmio di oltre 1 miliardo di euro all’anno, soprattutto per gli esportatori di prodotti agricoli, derrate alimentari, prodotti tessili, semplificando le regole generali per gli scambi di autovetture, motori e componentistica, prodotti chimici, farmaceutici e plastici, migliorando così la collaborazione nelle sedi internazionali dove si stabiliscono tali regole. Viene aperto il settore degli appalti e creato un quadro per la vendita di alcuni servizi (postali, telecomunicazioni, trasporto marittimo e finanziari). Aspetto rilevante dell’accordo è l’introduzione nel capitolo ambientale al rinvio agli Accordi di Parigi e in tema di protezione dei dati personali al rinvio agli elevati standard europei stabiliti nel nuovo Regolamento europeo (GDPR).

  

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