Nel 2015 è stato pubblicato in Italia il volume “Appello agli europei” (Skira Editore) che riunisce i testi inediti di quattro conferenze tenute negli anni '30 da Stefan Zweig, lo scrittore ed intellettuale cosmopolita austriaco, grande fautore dell'unità europea, che fu privato della sua cittadinanza austriaca dopo l'annessione dell'Austria alla Germania hitleriana e costretto a rifugiarsi prima in Inghilterra e poi in Brasile. Qui decise di mettere fine ai suoi giorni nel 1942 quando l'Europa sembrava soccombere sotto l'avanzata delle truppe naziste. La sua autobiografia è stata pubblicata nel volume “Il mondo di ieri” (con il sottotitolo significativo di “Ricordi di un europeo”), come illuminante metafora della civiltà europea.

Il primo breve testo del volume ha per titolo “La torre di Babele”, in cui Zweig descrive il mito della torre omonima come metafora del grande monumento all'unità spirituale del continente europeo, che è andata in rovina a causa della discordia dei popoli europei che hanno smarrito il senso dello sforzo comune per completare l'opera, ma al cui progetto è indispensabile ritornare. Il secondo testo traccia un'evoluzione del pensiero europeo attraverso i secoli, che Zweig vede come un'alternanza continua tra la tendenza nazionale e quella sovranazionale (dall'Impero romano all'unità religiosa rotta dalla Riforma, dall'Umanesimo all'affermazione degli Stati nazionali, e via di seguito) e contiene un'illuminante frase di Goethe (“Nell'istante in cui l'impegno è volto a creare ovunque nuove patrie, per colui che si eleva al di sopra del proprio tempo, la patria è ovunque e in nessun luogo”) e conclude in un atto di fiducia verso i futuri Stati Uniti d'Europa. Nella sua terza conferenza, Zweig difende la necessità di una disintossicazione morale dell'Europa allo scopo di mettere fine alla propaganda nazionale che vuole istigare ciascun popolo all'odio per la nazione vicina invece di mettere in risalto ciò che accomuna ogni nazione in una storia della civiltà umana. A tal fine Zweig propone una sorta di programma Erasmus ante-litteram in cui ogni studente passerebbe un anno di studi nell'Università di un altro paese europeo – riconosciuto nel suo paese di origine – che contribuirebbe ad una comune conoscenza e comprensione fra i popoli europei.

Infine, nel suo ultimo testo dedicato all'unificazione dell'Europa, Zweig parte dalla costatazione che “l'idea europea non è un sentimento primario, come lo è il sentimento patriottico (…); essa non è originale e istintiva, ma nasce dalla riflessione; non è il prodotto di una passione spontanea, ma il frutto lentamente maturato di un pensiero elevato. Le manca l'istinto entusiasta che anima il sentimento patriottico (..). Se l'idea europea deve avere effetti reali, dobbiamo farla uscire dalla sfera esoterica delle discussioni intellettuali e dedicare tutta la nostra energia a renderla visibile e convincente per una cerchia allargata”. Secondo Zweig, benchè lo spirito europeo non si sia ancora manifestato, noi abbiamo la certezza matematica della sua esistenza, la stessa certezza dell'astronomo che vede apparire nel suo cannocchiale una stella di cui i suoi calcoli matematici gli hanno rivelato l'esistenza (allo stesso modo Einstein affermò nel 1919 l'esistenza di una stella in un punto preciso dell'universo malgrado l'incapacità dei cannocchiali dell'epoca di osservarla: NdR). Zweig ne trae la conclusione che libri, documenti, congressi e dibattiti raggiungono una parte infima dell'insieme degli europei, e precisamente quelli che sono già convinti dell'idea europea. Occorre quindi passare da semplici gesti lodevoli da parte di un'élite ad un'azione concreta presso la società civile attraverso un'organizzazione in grado di militare per l'idea europea e di imprimerle un carattere visibile. A tal fine, Zweig propone azioni concrete per mobilitare l'opinione sul progetto europeo: creare un'università europea, riconoscere un anno di studi presso un'università straniera, creare un organo di stampa comune agli europei e pubblicato in tutte le lingue europee, raggruppare tutti i convegni internazionali per un anno in una sola città europea, istituire un organo sovranazionale che abbia il potere di smentire tutte le “fake news” o accuse pubblicate in un paese europeo nei riguardi di un altro paese, ecc...La “lezione” di Stefan Zweig colpisce per la sua attualità: la ragione non è nulla senza la passione e la passione è impotente senza un'azione organizzata. Per questo il testo di Zweig conclude con le parole prese a prestito dal Faust di Goethe : invece di dire “in principio era il Verbo”, diciamo piuttosto “in principio era l'azione”.

Il testo di Zweig dovrebbe essere letto in particolare dai difensori del patriottismo nazionale che hanno dimenticato gli effetti nefasti del nazionalismo e pretendono di legittimare la superiorità della propria nazione rispetto alle altre (“America first” come “Deutschland uber alles” oppure “d'abord les Français” o “prima gli Italiani”). Come afferma il fisico Carlo Rovelli nel suo articolo “Fermiamo i nazionalisti: c'è un'unica patria, l'umanità”, in risposta ad un articolo di Galli della Loggia in difesa dell'identità nazionale, quest'ultima è “buona se aiuta a superare interessi locali per il bene comune” ma è “miope e controproducente quando promuove l'interesse di un gruppo sociale artificiale,“ la nostra nazione”, invece di un più ampio bene comune”. Non perché non abbiamo identità nazionali – prosegue Rovelli – ma perché ognuno di noi è un crocevia di identità molteplici e stratificate. Mettere la nazione in primo luogo significa tradire tutte le altre. Nel suo libro “28 secoli d'Europa”, il filosofo svizzero Denis de Rougemont menziona un centinaio di uomini di Stato, filosofi e intellettuali che hanno elaborato o difeso nei secoli progetti di unità europea. Questo ha permesso ad Altiero Spinelli di affermare la validità del progetto europeo in quanto esso non è stato seppellito dalla storia come altri progetti ma è un progetto che è sempre rinato dopo le sue sconfitte. Come affermava il più famoso costituzionalista dell'epoca moderna, Montesquieu, “se qualcuno mi proponesse di fare qualcosa che si rivelasse utile per la mia patria ma pregiudizievole per l'Europa, la considererei come un crimine”. Ma forse Galli della Loggia non ha letto questo passaggio delle opere di Montesquieu.

  

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