Proteste contro il TTIPQuesta ipotesi di accordo, figlio della crescente instabilità geopolitica mondiale, rappresenta il segno della nuova divisione tra aree geografiche ed economiche in competizione tra loro.

La crisi economica iniziata nel 2008 ha frantumato il sogno di creare un’economia pienamente globalizzata: da anni il WTO non riesce ad andare oltre il negoziato di Doha a causa della accresciuta influenza dei Paesi BRIC. L’impossibilità di creare un’unica e globale area di libero scambio ha lasciato il posto a una pluralità di macro-regioni più o meno integrate al loro interno.

L’accordo di libero scambio tra UE e USA in fase di negoziazione rappresenta forse il tentativo più ambizioso di superare l’impasse attuale, facendo leva sulla (precaria) superiorità della somma della forza economica tra le due aree atlantiche. Come ha sottolineato il plenipotenziario europeo, Ignacio Garcia Bercero, nel suo intervento al Federal Committee dell'UEF (Unione dei Federalisti Europei), l'obiettivo più importante e ambizioso del TTIP è quello di creare un blocco capace di imporre globalmente le regole "occidentali" - in materia di protezione dell'ambiente e dei cittadini, dei diritti e degli standard del lavoro.

In particolare, gli Stati Uniti si propongono di contrastare la perdita della loro egemonia in campo economico-commerciale creando un fronte comune con i paesi storicamente alleati. Inoltre, il governo americano non nasconde il fatto che il TTIP è funzionale alla politica di ri-manifatturizzazione dell'economia americana già in corso da alcuni anni, con l’adozione di un sistema fiscale territoriale e una fiscalità speciale per le società, per favorire il rientro di industrie che avevano delocalizzato la propria produzione in paesi a basso costo del lavoro.

Per i paesi membri dell’UE, invece, il TTIP rappresenta un’occasione per ottenere una relazione commerciale privilegiata con la prima economia al mondo, dialogando “quasi” ad armi pari e ottenere immediati benefici economici da questa relazione.

Le stime (periodo 2017-2027) sono, per la UE, di una crescita annua media del PIL dello 0,48%, pari a circa € 86,4 miliardi e per gli Stati Uniti dello 0,39% del PIL, pari a circa € 65 miliardi. Si ritiene che tale effetto si realizzerebbe in gran parte grazie alla riduzione delle NTBs (barriere non tariffarie) mediante una maggiore convergenza regolamentare, che determinerebbe a sua volta l’affermazione de facto di standard globali.

I negoziati del TTIP si stanno concentrando proprio nella creazione di procedure uniche per l'accertamento della qualità di beni che determinerebbero risparmi notevoli nei processi di esportazione e commercializzazione. I settori maggiormente coinvolti sarebbero: automotive (mutuo riconoscimento degli standard; cooperazione nel settore della ricerca e sviluppo); chimica (individuazione di procedura unica per il controllo delle sostanze chimiche); farmaceutica (cooperazione tra le agenzie per la sicurezza dei farmaci); apparecchi medicali (verifica del sistema della qualità; sistema unico di identificazione); cosmetica (controllo sicurezza delle materie prime); tessile (etichettatura e requisiti per la sicurezza); ICT (linguaggio comune nelle cartelle cliniche; procedure di crittografia; etichettatura digitale; cooperazione nel controllo del mercato e dell'accesso a internet).

Un capitolo a parte - reso pubblico dalla Commissione Europea il 31.7.2015 - riguarda la liberalizzazione dei servizi  in materia di mutuo riconoscimento delle professioni, commercio elettronico, trasporti marittimi e terrestri, investimenti e appalti pubblici, settori nei quali le barriere americane sono sempre state alte nei confronti delle imprese straniere per ragioni di sicurezza nazionale.

Il primo effetto benefico del TTIP si è già realizzato: esso ha contribuito alla formazione di una opinione pubblica “europea”, spesso assente se non suddivisa per nazionalità. La formazione di un ampio dibattito, sia in termini positivi (da parte delle federazioni dei produttori agricoli e industriali) sia negativi (da parte di associazioni di consumatori e partiti vari), consente di esercitare un maggior controllo, e di conseguenza fornisce maggiore legittimità, all’operato delle istituzioni europee. Grazie a questo dibattito molti documenti, prima riservati, sono stati resi pubblici, determinando a sua volta la volontà di rendere il più possibile trasparente sia il dibattito nel Parlamento europeo, sia il negoziato in corso. Tutto ciò aiuta a maturare la consapevolezza negli Stati membri che con i grandi paesi – come gli Stati Uniti ma anche la Russia, la Cina e l’India – non si può trattare singolarmente, ma è necessaria la dimensione europea per poter esprimere una (e una sola) volontà politica, agendo così con più responsabilità nel mondo.

Un esempio di ciò è il Rapporto Lange (S&D, Germania) sul TTIP, approvato l'8 luglio dal Parlamento Europeo, che rappresenta un segnale politico forte di cui la Commissione ha tenuto conto nel proseguimento dei negoziati. Proprio grazie a questo Rapporto vengono avanzate alcune proposte di mediazione sugli argomenti più dibattuti e controversi tra i quali spicca il cosiddetto ISDS (sistema di risoluzione delle controversie tra Stato e investitore). La soluzione proposta sarebbe quella di creare una Corte internazionale degli investimenti con garanzia di pubblicità, meccanismo di appello, coerenza delle decisioni giudiziarie e rispetto della giurisdizione dei tribunali europei e degli Stati membri.

Tuttavia il percorso di approvazione del TTIP è ancora irto di ostacoli. Per approvare il TTIP vi sono due vie. La prima via è quella di considerare il TTIP un Mixed State Agreement, dove ciascuno dei 28 Stati membri condivide la responsabilità nella ratifica assieme all'UE: così facendo si alimenta l’illusione di generare maggior democrazia facendo intervenire i singoli parlamenti nazionali quando invece è necessario governare l’evoluzione dell’economia con maggior forza e con una visione continentale. La seconda via è considerare il TTIP materia di esclusiva competenza dell’Unione europea (Non-Mixed State Agreement) per cui viene ratificato con il solo voto di Parlamento e Consiglio. E qui sorge il paradosso istituzionale: sarà il voto all'unanimità del Consiglio europeo a deliberare a favore della via del Non-Mixed State Agreement. I poteri dell'Unione Europea sono nulli se le sue istituzioni rimangono prigioniere del voto all'unanimità e delle politiche governative di ciascun Stato membro. I negoziati sul TTIP rappresentano l'ennesimo banco di prova in cui il Parlamento Europeo ha la possibilità di chiedere la creazione di un governo federale della zona euro, in modo da essere veramente su un piede di parità al tavolo dei negoziati con gli USA, e di agire con poteri democratici per tutti gli Stati membri.

Come si afferma nella mozione approvata all’unanimità dal Comitato federale dell’UEF nello scorso aprile, nel malaugurato caso in cui non venisse approvato il TTIP, il risultato sarebbe la corsa di ciascun Paese europeo verso l'approvazione di singoli accordi preferenziali con gli USA, aumentando così gli elementi di debolezza e divisione tra europei.

In conclusione, il libero commercio è una grande opportunità che nasconde sempre il rischio che solo coloro che sono meglio preparati ne traggono maggior vantaggio. Se gli europei vogliono veramente sfruttare appieno la creazione della più grande area di libero scambio al mondo, devono completare l’integrazione politica a partire dall'eurozona per dare una cabina di regia – cioè un governo europeo con poteri simmetrici a quelli del negoziatore americano - solida e coerente all’economia del continente per i decenni a venire.

  

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