A salutare la stagione estiva ritorna con molte domande l’eterna divisione tutta interna alla BCE. La questione del momento è la gestione dell’inflazione. La difficile situazione, sotto gli occhi a partire dal 2020, ha raggiunto ormai livelli tali da essere tangibile in tutto il continente. Chiunque debba farsi i conti in tasca non può che riconoscere quanto preoccupante sia il momento storico.

Eppure la situazione pare sorprendentemente stabilizzarsi, seguendo il calo dopo la crescita dei prezzi dell’energia e delle materie prime. Questo fenomeno dovrebbe suggerire la sintesi del dibattito, e invece no. Già in pieno picco inflattivo durante l’inverno c’era chi attribuiva le cause dell’inflazione a generosi sussidi e liquidità monetaria distribuiti per fare fronte alla pandemia. Se così fosse, la Banca Centrale Europea avrebbe tutta la legittimità possibile per conseguire un’azione restrittiva. E dunque alzare i tassi d’interesse e frenare (‘raffreddare’) la ripresa economica. Meno soldi in circolo, meno inflazione.

Purtroppo, tutto ciò presume che le cause inflattive siano endogene al sistema, per cui manipolabili dalla BCE. Il Financial Times quest’estate si chiedeva se non ci fosse proprio nulla che le banche centrali potessero ormai fare. E questo perché—indicava il quotidiano della City—le cause sono da cercare altrove. Fenomeni esogeni come il costo dell’energia e le catene di approvvigionamento messe in crisi da pandemia e guerra. Il Fondo Monetario Internazionale questa primavera pubblicava uno studio dove accusava le grandi compagnie europee di aver alzato i prezzi ben oltre la ragionevole necessità causata dal costo dell’energia. In sostanza, secondo Washington, l’aumento repentino dei prezzi al consumo è in parte da attribuire all’abuso di mercato delle imprese e dai loro extra profitti generati. Il Presidente Biden si esprimeva così lo scorso 16 agosto: “Ricordo esperti venire a dirmi che per fermare l’inflazione bisogna abbassare i salari e aumentare la disoccupazione […] ma io non ci ho mai creduto: l’inflazione sta rallentando perché i mega profitti delle imprese tornano sulla terra”. Il 30 marzo, il Centro Studi della BCE ha pubblicato un report molto commentato a supporto di questa tesi.

Come capita di frequente, non bastano gli interventi degli attori istituzionali a governare il dibattito. Tutt’ora continua a farsi largo l’idea che la BCE debba intervenire, e dunque che la causa vada individuata dal lato della domanda, cioè quella del consumatore ormai martoriato. In un’intervista al FT, Ludovic Subran, economista per la tedesca Allianz, puntava il dito contro la crescita dei salari, e i generosi sussidi elargiti da Scholz per fare fronte alla crisi invernale.

Ma in seguito agli ultimi dati Eurostat pubblicati l’8 settembre, l’inflazione si conferma stabilizzata per il terzo mese consecutivo. Altri indicatori, come i prezzi alla produzione nel mercato tedesco, sono addirittura in forte calo. Si moltiplicano anche i segnali di una possibile recessione economica, con la Germania fanalino di coda a meno 0,4%. La BCE si trova tra queste visioni più che mai inconciliabili. Verso metà settembre non potrà più rimandare una scelta di campo che in ogni caso si prefigura densa di polemiche.

 

  

L'Unità Europea

Giornale del

MovimentoFederalista Europeo

Edizione a stampa
Codice internazionale: ISSN 1825-5299
Catalogazione e disponibilità: Catalogo ACNP

 

Edizione online
Codice internazionale: ISSN 2723-9322
Sito Internet: www.unitaeuropea.it

L'Unità Europea su Facebook

Iscriviti alla alla newsletter

 

Sito internet: www.mfe.it

Pagina Facebook del MFE L'MFE su Twitter L'MFE su YouTube

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). E' possibile scegliere se consentire o meno i cookie. In caso di rifiuto, alcune funzionalità potrebbero non essere utilizzabili. Maggiori informazioni