Il progetto di unificazione europea è nato per opporsi alle barbarie del nazionalismo e per renderne impossibile il ritorno. Dalla Dichiarazione Schuman del 9 maggio del 1950 ad oggi l’Europa ha percorso molta strada e ha costruito un’Unione che rende il nostro continente l’unica area al mondo che propugna il rispetto di tutti i diritti umani universali e quella che più si impegna sui temi ambientali, per garantire lo Stato sociale universale, per proiettarsi nel mondo come un modello di pace.

Al tempo stesso gli Stati europei non sono stati in grado di costruire in questi 70 anni una vera unione politica federale, e hanno voluto che la sovranità e la politica e il governo rimanessero nelle mani degli Stati, limitandosi a costruire strumenti di cooperazione. Di fronte all’avvento della nuova globalizzazione e della rivoluzione tecnologica, alle tensioni crescenti a livello internazionale, all’aggravarsi dell’emergenza ambientale e di quella generazionale, questo modello sta mostrando tutti i suoi limiti; in mancanza di una sovranità europea in campo economico e politico, i governi nazionali non riescono a fermare la crescita delle nuove diseguaglianze, delle tensioni nella società e della sfiducia da parte dei cittadini verso la politica democratica, mettendo così a rischio i fondamenti stessi della nostra convivenza civile. Non è stata costruita la Federazione europea e il nazionalismo sta tornando, e con lui il razzismo, il disprezzo per i diritti universali, per la stessa democrazia.

Non è più tempo allora di tentennamenti e lentezze; l’urgenza dei problemi richiede un’azione coraggiosa e lucida, che deve portare nei fatti ad un vero processo costituente per rifondare l’Unione europea su basi federali, solo modo per costruire in modo condiviso una vera sovranità europea; un processo capace di coinvolgere i cittadini e la società civile, insieme alle forze politiche a gli esponenti delle istituzioni a tutti i livelli.

Utopia? No: il voto europeo ha dimostrato che esiste ancora il consenso, e quindi lo spazio, per la battaglia europea. Di fronte alla sfida sul futuro dell’Europa lanciata in campagna elettorale dai nazionalisti, i cittadini, con la loro partecipazione e con il sostegno dato alle forze pro-europee hanno dimostrato di credere nell’Europa e di volerla effettivamente cambiare per renderla più forte. Hanno dato un mandato chiaro al nuovi parlamentari; e ora bisogna aprire una stagione politica con l’ambizione di dare seguito a questo mandato.

Le condizioni ci sono, se esiste la volontà di sfruttarle. Nel nuovo quadro che si è creato dopo il voto è diventato possibile saldare il fronte dei governi che sostengono la necessità di un’Europa più forte e più unita sul piano politico (la Francia e la Spagna in primis) e dei partiti pro-europei presenti nel Parlamento europeo. Parte delle forze che andranno a comporre la nuova maggioranza parlamentare sono infatti anche al governo in questi Paesi, e potranno lavorare di concerto nelle diverse istituzioni. Il fatto che si possa creare un’alleanza trasversale all’interno di tutte le istituzioni europee, tra le forze nel Parlamento e un’avanguardia di Stati, ai fini di dettare e mettere in campo un’agenda del cambiamento politico e istituzionale, è una condizione indispensabile per far avanzare il processo di rifondazione dell’Unione europea.

Questo processo sarà ostacolato da due nemici: i sovranisti, da una parte – che però potranno fare poco, oltre a costituire un problema strutturale con la loro stessa presenza –; e gli europeisti che difendono lo status quo dall’altra. Il fronte europeista è unito nel difendere l’esistenza dell’Unione e nell’impegno a contrastare i sovranisti e i nemici dell’unificazione, in generale. Per questo non sarà un gioco a somma zero all’interno di questo insieme di forze. La vittoria per chi vuole l’Europa sovrana si giocherà piuttosto sul fatto di riuscire a portare almeno una parte di questi europeisti conservatori (tra cui gli attuali partiti di governo tedeschi) ad appoggiare, o almeno accettare, la rifondazione in chiave federale.

Sarà in gran parte una battaglia politico-culturale, perché sono due visioni diverse del mondo e della politica che si confrontano. Alcuni osservatori l’hanno riassunta nella formula europeismo del XXI secolo vs europeismo del XX secolo.

L’europeismo del XXI secolo punta a superare la visione europea del XX secolo che si è costruita dopo Maastricht e dopo la riunificazione tedesca, durante la prima fase della globalizzazione; anni in cui si è voluto credere che la stabilità internazionale fosse acquisita indefinitamente grazie a quella che si riteneva la vittoria del modello liberal-democratico che garantiva l’apertura dei mercati e la nuova divisione internazionale del lavoro. In questo quadro l’Unione europea, in larga parte sotto la guida della Germania, ma con un ruolo cruciale anche del Regno Unito, si è concepita come il modello di Mercato integrato da proporre al mondo; e ha teorizzato che la politica (nel senso di capacità di decidere e di agire) restasse confinata all’interno dello Stato nazionale, per accompagnare il gioco delle forze della libera competizione economica e commerciale sui mercati globali, pur in un quadro di cooperazione tra partner a livello europeo. Il suo ruolo doveva essere innanzitutto rivolto a sviluppare la competitività del sistema nazionale e un solido welfare nel proprio Paese. Erano (sono) esclusi da questa visione tutto ciò che riguarda la politica intesa come potenza, ossia capacità di proiettarsi sulla scena internazionale con una propria visione geostrategica globale per plasmare il quadro, e non semplicemente ricavarsi alcuni spazi di manovra in un sistema governato da altri. Oggi, in un mondo in cui tutti ammettono che l’Europa deve diventare capace di prendere in mano il proprio destino, in cui arretrano le democrazie e l’apertura dei mercati è messa sotto pressione dalla politica di potenza; e in cui le nostre società stanno subendo i guasti di un modello che non ha investito sufficientemente la politica del ruolo di guida e controllo – e quindi anche di compensazione – dei nuovi processi che comportano sia la perdita dell’egemonia da parte dell’Occidente, sia profondi mutamenti sociali indotti dalla rivoluzione tecnologica, l’europeismo del XXI secolo rivendica, contro quello arroccato alla visione del passato, un’Europa che diventi un’istituzione sovrana capace di fare politica, di decidere e di agire. In questa prospettiva l’Europa è il solo livello di governo col quale gli europei possono recuperare il controllo dei processi storici, politici e tecnologici in atto; e col quale quindi torna possibile rilanciare in termini positivi e forti al tempo stesso i temi del ruolo della politica, dello Stato, e quello dell’identità. Anche quest’ultima problematica (l’identità) è infatti indispensabile per recuperare la coesione sociale: il vuoto che l’abbandono di questo riferimento da parte della politica democratica ha lasciato nelle nostre comunità – già disorientate dai mutamenti profondi e a volte penalizzanti in corso – è riempito oggi in termini negativi dai nazionalisti. Solo a livello europeo si può recuperare un senso profondo di appartenenza alla propria comunità e di identità collettiva collegandolo non a paure e chiusure, ma alla capacità da parte della politica democratica di difendere insieme i valori universali e gli interessi dei cittadini, riuscendo a governare i processi in atto senza sacrificare, ma anzi rafforzando, la democrazia e la libertà di ognuno.

I fatti danno quindi ragione, con molta evidenza, alla visione “del XXI secolo”, e supportano le ragioni e la battaglia per un’Europa federale, sovrana e democratica, rendendola possibile.

In tutto questo l’Italia resta in controtendenza, e completamente isolata. L’importanza e il ruolo giocato storicamente dal nostro Paese nel processo di unificazione europea fanno sì che questa situazione determini sicuramente un grave danno all’Europa. Pagheremo pesantemente questo fatto, con un netto peggioramento delle nostre condizioni nazionali e con una gravissima marginalizzazione nel contesto europeo; ma il nostro quadro nazionale, pur gravissimo, non deve distoglierci, e soprattutto non deve distogliere le forze che hanno a cuore il futuro dell’Italia, dalla lotta politica oggi più importante, ossia quella per costruire un’Europa federale sovrana, da cui dipendono i destini comuni di tutti gli europei.

 

  

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