Riunione del Consiglio Europeo. Fonte: European Council.

Quasi 300 anni fa venivano pubblicate anonime le Lettere persiane, un'aspra critica rivolta alla Francia ed all'Europa dell'Ancien Régime. Ebbene, immaginiamo che dei novelli Usbek e Rica venissero a visitare oggi il Vecchio Continente...

Quasi 300 anni fa venivano pubblicate anonime le Lettere persiane, un'aspra critica rivolta alla Francia ed all'Europa dell'Ancien Régime. Ebbene, immaginiamo che dei novelli Usbek e Rica venissero a visitare oggi il Vecchio Continente. Sicuramente noterebbero i grandi cambiamenti intervenuti negli ultimi tre secoli. Ben ricordando i lunghi conflitti di Luigi XIV appena conclusi in quel lontano 1721, non potrebbero che stupirsi dei 70 anni di pace e di prosperità seguiti alle due terribili guerre civili europee della prima metà del Novecento. Probabilmente ancor maggior meraviglia proverebbero nel constatare come le idee del loro creatore, Charles-Louis de Secondat, barone di Montesquieu e de La Brède, siano divenute realtà: la divisione dei poteri, lo stato di diritto, l'imperio della legge al posto dell'arbitrio dei sovrani. Se allora erano costretti ad ammettere che tanto di dispotico e di orientale, tolta la liberale Inghilterra, sopravviveva ancora in Europa, oggi il paragone col martoriato mondo medio-orientale non sarebbe nemmeno proponibile.

Supponiamo però che i nostri due viaggiatori non si accontentassero di questo quadro pieno di luci, così caro a molti interessati sostenitori dello status quo, e volessero invece andar a vedere cosa si nasconde sotto una superficie così luccicante. Non avrebbero certo bisogno di guardarsi molto attorno. E' notizia di questi giorni l'ennesima spaccatura tra i Paesi europei sul comportamento da tenere nei confronti della Siria. Il bilancio dell'Unione europea è ben misera cosa se si considerano le impressionanti sfide a cui deve far fronte il nostro continente: la riconversione ecologica dell'economia, il rilancio degli investimenti e la lotta alla disoccupazione; la pacificazione, l'integrazione e lo sviluppo dell'Africa e del Medio Oriente, condizioni per un vera politica europea dell'immigrazione; la costruzione di una difesa europea, resa indifferibile dal progressivo ritiro degli USA dagli altri due continenti che si affacciano sul Mediterraneo. Ebbene, le dispute già accese tra gli Stati membri che in varie formazioni si azzuffano per definire il quadro finanziario 2021 – 27 fanno venire in mente la fulminante battuta di Borges: tanti calvi che si disputano un pettine. Persino quelle conquiste che sembravano ormai acquisite, come lo stato di diritto e la divisione dei poteri, vengono oggi messe in discussione in alcuni Stati dell'Unione.

Si potrebbe pensare che tanta accanita difesa dei cosiddetti interessi nazionali provochi almeno una generale soddisfazione per quei grandi benefici – pace e prosperità – ottenuti al costo di una ben misera rinuncia alle sovranità nazionali. Davvero un esempio di massimo risultato col minimo sforzo. Nossignori! All'est come all'ovest, al nord come al sud, non passa giorno che non si levino voci a gridare: via l'euro! via Schengen! basta coi vincoli europei! padroni a casa nostra! Perfino i partiti ed i politici che si proclamano europeisti si fanno sempre più timidi, guardinghi, sospettosi. Contrabbandano la loro pusillanimità per sano realismo. Già difendere l'esistente sembra loro un'impresa titanica. Beninteso quando non si mettono a rincorrere populisti e nazionalisti sul loro stesso terreno.

Sono i problemi che gli illuministi si trovarono ad affrontare in riferimento alle società dell'Ancien Régime. I bersagli polemici dei philosophes erano allora il privilegio nobiliare ed ecclesiastico, le scandalose esenzioni fiscali, le corporazioni, la manomorta, il diritto divino dei re, l'alleanza tra il trono e l'altare. I federalisti, che dall'Illuminismo sono nati, devono oggi affrontare in Europa e nel mondo le conseguenze dei sempre più assurdi privilegi degli Stati: l'anarchia internazionale, la proliferazione delle armi di sterminio, il nazionalismo, il protezionismo, lo strapotere della finanza, il mancato governo della globalizzazione, dei cambiamenti climatici, delle migrazioni.

Nel suo celebre libro Montesquieu introduce il famoso apologo dei Trogloditi, un popolo primitivo che, dopo essersi liberato di un re straniero, decide di eliminare anche il governo che si è dato di sua scelta. “Questo popolo, liberatosi dal nuovo giogo, - ci racconta lo scrittore - ascoltò soltanto la propria indole selvaggia; tutti i suoi membri convennero che non avrebbero più obbedito a nessuno e che ognuno si sarebbe occupato solo dei propri interessi, senza badare a quelli degli altri. Questa unanime decisione piaceva moltissimo a tutti i singoli. Dicevano: «Perché dovrei ammazzarmi di fatica per gente di cui non mi importa nulla? Penserò unicamente a me stesso e vivrò felice. Che m’importa che gli altri lo siano? Mi procurerò tutto ciò di cui ho bisogno e, purché non manchi a me, non mi curo affatto se gli altri Trogloditi si trovano in miseria».” Se applicate invece che agli individui agli Stati, queste parole sono ancora straordinariamente attuali.

Il ruolo dei federalisti in questa lunga battaglia per l'unificazione europea può essere assimilato a quello degli unici due Trogloditi che con le parole e con le azioni cercarono di convincere i compatrioti “che l’interesse dei singoli risiede sempre nell’interesse comune; che volersene distaccare significa volersi rovinare; che la virtù non è una cosa che debba costare; che non bisogna considerarla come un penoso esercizio e che la giustizia verso gli altri è una carità verso di noi." Diversamente da quei due uomini fortunati che alla fine riuscirono a rendere l'intero popolo dei Trogloditi giusto e caro agli dei, a distanza di 70 anni dobbiamo però riconoscere che siamo ben lontani dal vivere in un continente felice, dove “le ingiustizie dei primi Trogloditi e le loro sventure” siano solo un ricordo che rende orgogliosi di un cammino ormai irreversibilmente compiuto.

Ogni giorno vediamo anzi il triste spettacolo di calcoli, ripicche e manovre diversive dettate solo dalla pervicace volontà di procrastinare le vere scelte. I leader del Parlamento europeo avevano promesso che nella seconda parte della legislatura si sarebbero occupati di preparare un piano di rilancio per andare ben oltre gli attuali Trattati. Il Presidente della Commissione Juncker si era spinto a ipotizzare che potrebbe essere l'ultima occasione. E' invece altamente probabile che i partiti europei si presenteranno alle elezioni del 2019 senza alcun progetto coerente di riforma delle istituzioni. A loro ed ai governi nazionali, largamente dominati e influenzati da tali partiti, dobbiamo sicuramente l'Europa che c'è, ma agli stessi va imputata anche l'Europa che non c'è. Si può star certi che in campagna elettorale sentiremo le solite invettive contro nazionalisti e populisti e non il riconoscimento delle proprie responsabilità. Come quei neopositivisti che, per dirla con Popper, si limitavano a combattere la metafisica lanciando improperi.

Contro questo vischioso mondo fatto di compromessi al ribasso e di tatticismi si è rivolta la coraggiosa iniziativa del Presidente francese Macron, diventato non a caso il bersaglio preferito di tutti i difensori del quieto vivere e del tirare a campare. Ora l'inquilino dell'Eliseo non fa mistero della sua volontà di scardinare il sistema dei partiti europei, la cui unica preoccupazione sembra essere quella di spartirsi le cariche dopo le elezioni. Immaginiamo che l'allievo di Ricoeur conosca bene l'ammonimento di Nietzche: “Anche per i più grandi uomini di Stato fare politica vuol dire improvvisare e sperare nella fortuna.” Ma se la politica europea si è ridotta ad essere, per usare la lingua dei massimi sostenitori e partigiani di questo sistema, una Milchmädchenrechnung, il calcolo di una ragazzina che vende il latte, allora ben venga la rottura degli immobili ed anchilosati equilibri europei. Nella mozione approvata a Latina abbiamo ipotizzato di organizzare una grande manifestazione in occasione della seduta inaugurale del nuovo Parlamento europeo. Nei prossimi mesi valuteremo se esistono le condizioni per mettere in cantiere una iniziativa di tale portata. Non sarà comunque per aiutare le tante venditrici di latte a fare i loro piccoli calcoli.

  

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