Ogni anno il Presidente della Commissione tiene nell’aula del Parlamento europeo un discorso sullo ‘Stato dell’Unione’, in cui delinea il programma per il prossimo futuro. È questo il quarto ed ultimo intervento sul tema, il suo mandato scade con le elezioni europee della prossima primavera. C’è un ‘filo rosso’ che lega questi quattro discorsi: dalla “denuncia” del 2015 (non c’è abbastanza Unione in questa Unione),  all’ Europa che protegge e che deve dare forza (2016), all’indicazione dei punti su cui avanzare avendo il vento nelle vele (2017). Il discorso di quest’anno indica il passaggio finale del percorso, quello in cui si pone il problema della “sovranità. Non in astratto, bensì in relazione ai problemi cui l’Europa si trova di fronte: la difesa e la politica estera, con la richiesta esplicita di passare al voto a maggioranza, i principi e i valori dello stato di diritto minacciati in diversi Paesi dell’Unione, il commercio internazionale e la difesa dell’ambiente, il rafforzamento dell’Unione monetaria, la questione migratoria, fino a delineare un Piano per l’Africa, basato sul partenariato economico tra i due continenti. Ne pubblichiamo una sintesi (testo integrale in italiano  #SOTEU ec.europa.eu/soteu2018).


A fronte della sua esperienza come Presidente della Commissione Europea e, più in generale, della sua lunga carriera politica dedicata principalmente agli affari europei, Juncker ha lasciato un segno personale nel suo discorso, mettendo in luce la portata storica delle prossime elezioni europee, affermando che “talvolta la Storia - nel senso vero e proprio del termine - piomba senza preavviso nella vita delle nazioni e la lascia solo dopo molto tempo”. Come, ad esempio, accadde nel 1914 quando la Grande Guerra colpì il continente europeo, “dopo un 1913 soleggiato, calmo, tranquillo e ottimista.”  Pur senza richiamare “catastrofi imminenti”, Juncker ha sollecitato i parlamentari europei, i governi nazionali e i cittadini europei a non sottovalutare il ritorno di un nazionalismo strisciante che mette a rischio il “nostro vivere ed essere comune”. Spesso, nell’opinione comune, patriottismo e nazionalismo sono considerati la stessa cosa ma - come ha concluso il Presidente - “Il patriottismo è una virtù, il nazionalismo è una menzogna insopportabile e un veleno pericoloso”.

CRISI ECONOMICA E SOCIALE

A dieci anni dalla bancarotta di Lehman Brothers, l'Europa si è gettata definitivamente alle spalle la crisi economica e finanziaria che ci è giunta dall'esterno e ci ha colpito talvolta brutalmente. L'economia europea cresce ormai da 21 trimestri consecutivi. È tornato il lavoro: dal 2014 sono stati creati quasi 12 milioni di nuovi posti di lavoro. 12 milioni di posti di lavoro: un numero di persone superiore alla popolazione del Belgio. In Europa i lavoratori, uomini e donne, non sono mai stati tanto numerosi: 239 milioni. La disoccupazione giovanile è al 14,8 %: una percentuale ancora troppo alta, ma che tocca il livello più basso dal 2000. In Europa sono tornati gli investimenti, soprattutto grazie al nostro Fondo europeo per gli investimenti strategici (che alcuni, sempre più rari, chiamano ancora "Piano Juncker"), che ha mobilitato 335 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati. Stiamo arrivando a 400 miliardi. La Grecia è riuscita a completare il suo programma e a rimettersi in piedi. Plaudo al popolo greco per i suoi forzi erculei, che gli altri europei continuano a sotto­valutare. Ho sempre difeso la Grecia, la sua dignità, il suo ruolo in Europa e soprattutto la sua permanenza nella zona euro. Ne sono fiero. Vorrei che l'Unione europea si prendesse maggiormente cura della sua dimensione sociale. Chi ignora le aspettative giustificate dei lavoratori e delle piccole imprese fa correre un grosso rischio alla coe­sione delle nostre società. Trasformiamo gli intenti del vertice di Göteborg in norme di diritto (si riferisce al pacchetto di misure sociali – European Social Pillar – proclamato e firmato a Goteborg il 17,11.2017 da Commissione, parlamento e Consiglio - cfr. L’Unità Europea nr.1/2017)

POLITICA ESTERA

Vorrei che l'Europa lasciasse gli spalti dello stadio mondiale. L'Europa non deve essere uno spettatore, un cronista degli avvenimenti internazionali; deve essere un attore costruttivo, un artefice, un architetto del mondo di domani. C'è una grande domanda di Europa in tutto il mondo. Per sod­disfare questa domanda pressante, occorrerà che l'Europa si esprima all'unisono sulla scena internazionale. Nel concerto delle nazioni, per poter essere ascoltata e intesa, la voce eu­ropea deve essere intellegibile, comprensibile e distinguibile. Non dobbiamo cadere nell'incoerenza delle diplomazie nazionali concorrenti e parallele. La diplomazia europea deve essere una sola. Vorrei che riuscissimo a realizzare progressi tangibili per quanto riguarda il raf­forzamento della nostra politica estera. Occorrerà rafforzare la nostra capacità di parlare con un'unica voce in materia di politica estera. Non è normale che, per l'impossibilità di raggiungere l'unanimità, l'Europa sia tenuta in ostaggio nel momento in cui si tratta di prorogare l'embargo sulle armi nei confronti della Bielorussia o quando occorre imporre sanzioni al Venezuela. Per questo motivo, la Commissione vi ripropone oggi di passare al voto a maggioranza qualificata in settori specifici delle nostre relazioni esterne. Ribadisco l'esortazione che vi ho rivolto lo scorso anno a passare a questo tipo di voto in alcuni settori specifici. Non in tutti i settori, ma in alcuni settori specifici: i diritti umani, le missioni civili e altri.

IMMIGRAZIONE

Presentiamo oggi una proposta volta a rafforzare la guardia costiera e di frontiera europea. Le frontiere esterne devono essere protette in modo più efficace. Pertanto proponiamo di portare a 10 000 il numero di guardie di frontiera europee finanziate dal bilancio europeo entro il 2020. Presentiamo anche una proposta per sviluppare l'Agenzia europea per l'asilo. Gli Stati membri hanno bisogno di un maggior sostegno dell'Europa per trattare le domande di asilo, e ciò deve avvenire in linea con la convenzione di Ginevra. Presentiamo inoltre una proposta volta ad accelerare il rimpatrio dei migranti irregolari. La Commissione condivide questo compito con gli Stati membri. Rinnovo il mio auspicio, che è anche un invito, ad aprire vie di accesso legali all'Unione europea. Ab­biamo bisogno di migranti qualificati. Anche su questo punto la Commissione ha presentato da tempo proposte concrete che devono essere attuate. Entro il 2050 l'Africa conterà 2,5 miliardi di abitanti. L'Africa non ha bisogno di carità, ma di un partenariato equilibrato, di un vero partenariato. E noi europei ne abbiamo altrettanto bisogno. Oggi proponiamo una nuova alleanza tra Africa ed Europa, un'alleanza per gli investimenti sostenibili e l'occupazione. Nelle nostre previsioni, tale alleanza contribuirebbe a creare fino a 10 milioni di posti di lavoro in Africa nei prossimi cinque anni. Sono convinto che dovremmo trasformare i numerosi accordi commerciali tra l'Africa e l'Unione europea in un accordo intercontinentale di libero scambio, un partenariato economico tra pari.

SICUREZZA E DIFESA

Gli europei si aspettano che l'Unione europea li protegga. Perciò la Commissione europea propone oggi nuove norme per eliminare la propaganda terroristica dal web nel giro di un'ora, ossia entro il lasso di tempo in cui possono essere prodotti i danni più gravi. Pro­pone inoltre di estendere i compiti della Procura europea, da poco istituita, per includervi la lotta contro i reati di terrorismo. Dobbiamo essere in grado di perseguire i terroristi in tutta l'Unione e al di là delle frontiere. Il terrorismo non conosce frontiere. Non dobbiamo diventarne complici a causa della nostra incapacità di collaborare tra noi. Per questo motivo nel 2014 ho rilanciato, malgrado le resistenze con cui mi sono allora scontrato, il progetto di un'Unione europea della difesa. E per questo nei prossimi mesi la Commissione continuerà a lavorare affinché diventino pienamente operativi il Fondo eu­ropeo per la difesa e la cooperazione strutturata permanente in materia di difesa. Su questo vorrei fare una precisazione, per me importante: non intendiamo militarizzare l'Unione europea. Intendiamo divenire più responsabili e più indipendenti. Perché solo un'Europa forte e unita può proteggere i suoi cittadini da minacce interne ed esterne.

POLITICA COMMERCIALE

L'Europa ha anche riconquistato il suo status di potenza commerciale. La potenza commerciale mondiale non è altro che la prova della necessità di condividere le nostre sovranità. Oggi l'Unione europea ha accordi commerciali con 70 paesi. Insieme rappresentiamo il 40 % del PIL mondiale. Questi accordi - molto spesso contestati - ma a torto - ci aiutano a esportare nelle altre parti del mondo norme europee elevate in materia di sicurezza alimentare, diritto del lavoro, ambiente e diritti dei consumatori. Forte dell'unità europea, che ho esposto in generale e nei dettagli, ho potuto esprimere la voce dell'Unione europea per ottenere risultati concreti a beneficio dei nostri cittadini e delle nostre imprese. Dovremo ratificare l'accordo di partenariato tra l'Unione europea e il Giappone, per motivi sia economici che geopolitici.

AMBIENTE

Noi europei vogliamo lasciare alle prossime generazioni un pianeta più pulito. Condivido le analisi del nostro Commissario per l'Energia sugli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 per il 2030. Sono scientificamente esatte e politicamente necessarie. Le siccità di questa estate sono un duro richiamo - non solo per gli agricoltori - all'importanza di questo nostro lavoro per proteggere l'avvenire delle generazioni future. Non possiamo vedere la sfida a cui siamo di fronte e voltare lo sguardo.

EURO E UNIONE MONETARIA

Entro il prossimo anno dovremo anche sviluppare ulte­riormente il ruolo internazionale dell'euro. Dopo soli vent'anni di vita, e nonostante le voci disfattiste che ci hanno accompagnato in questo percorso, l'euro ha già fatto molta strada. L'euro è diventato la seconda valuta più utilizzata al mondo, alla quale 60 paesi agganciano in un modo o nell'altro la propria valuta. Dobbiamo però fare di più per consentire alla nostra moneta unica di svolgere appieno il ruolo che le spetta sulla scena internazionale. È assurdo che l'Europa paghi in dollari USA l'80 % della sua fattura per le importazioni di energia – che è pari a 300 miliardi di euro all'anno – quando solo il 2 % circa delle nostre importazioni di energia proviene dagli Stati Uniti. È assurdo che le compagnie europee acquistino aerei europei in dollari anziché in euro. La prima cosa da fare è mettere ordine nella nostra casa per rafforzare la nostra Unione econo­mica e monetaria, così come abbiamo iniziato a fare. Senza un'Unione economica e monetaria più profonda, non avremo argomentazioni credibili per rafforzare il ruolo internazionale dell'euro. Dobbiamo completare l'Unione economica e monetaria per rendere più forti l'Europa e l'euro.

BREXIT E RAPPORTO CON IL REGNO UNITO

Rispettiamo la decisione britannica di lasciare la nostra Unione, anche se continuiamo a rammaricarcene profondamente. In primo luogo, chiediamo al governo britannico di comprendere che chi lascia l'Unione non può mantenere la stessa posizione privilegiata di cui gode uno Stato membro. Chi lascia l'Unione non fa più parte, ovviamente, del nostro mercato unico, e sicuramente non solo nei settori di sua scelta. In secondo luogo, la Commissione europea, questo Parlamento e tutti gli altri 26 Stati membri mostreranno sempre lealtà e so­lidarietà con l'Irlanda per quanto riguarda la frontiera irlandese. Ci opporremo molto esplicitamente qualora il governo britannico intendesse sfuggire alle responsabilità che gli impone l'accordo del Venerdì santo. In terzo luogo, dopo il 29 marzo 2019 il Regno Unito non sarà mai per noi un paese terzo qualunque. Il Regno Unito sarà sempre un vicino e un partner molto stretto, in termini politici, economici e di sicurezza. Perciò accolgo con favore la proposta del Primo Ministro May di sviluppare un nuovo e ambizioso partenariato per il futuro dopo la Brexit.

ISTITUZIONI UE

La Commissione ha messo sul tavolo tutte le proposte e le iniziative annunciate nel 2014. Di queste, il 50 % è stato già approvato dal Parlamento e dal Consiglio, il 20 % è sulla buona strada mentre per il restante 30 % sono in corso trattative a volte difficili. Non accetto che la Commissione sia considerata la sola responsabile di tutte le inadempienze che, inevitabilmente, si sono verificate. Le nostre proposte sono note, ma devono essere adot­tate e messe in atto. Non permetterò in futuro che la Commissione sia il solo capro espiatorio - anche se si cercherà di farlo - per tutto quello che non funziona. I responsabili vanno cercati in tutte le istituzioni, e nella Commissione e nel Parlamento meno che nelle altre.

DEMOCRAZIA E STATO DI DIRITTO

Gli scambi polemici tra governi e tra istituzioni si fanno sempre più numerosi. Ma non sono i discorsi polemici e spesso offensivi che permettono alla costruzione europea di progredire. Non si tratta solo dei toni deprecabili utilizzati dalle forze politiche che discutono tra loro, ma anche del modo in cui alcuni trattano i mezzi di comunicazione e i giornalisti, perché il loro intento è mettere definiti­vamente a tacere qualunque forma di dibattito. L'Europa deve rimanere un luogo in cui la libertà di stampa non sia rimessa in discussione. Troppi giornalisti subiscono intimidazioni e sono attaccati, a volte persino assassinati. Bisognerà proteggere di più i nostri giornalisti, che sono anch'essi attori importanti nella nostra democrazia. In generale, dobbiamo riscoprire le virtù del compromesso. La ricerca di un compromesso non significa sacrificare le nostre convinzioni o rinunciare a un dibattito libero che rispetti il punto di vista degli altri, né significa rinnegare i nostri valori. La Commissione si oppone a qualunque violazione dello stato di diritto. La china che sta prendendo il dibattito in alcuni dei nostri Stati membri continua a preoccuparci. L'articolo 7 va attivato laddove lo stato di diritto è a rischio. C'è un punto su cui non dobbiamo transigere: le sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea devono essere rispettate e applicate. È essenziale. L'Unione europea è una comunità di diritto. Il rispetto delle norme di diritto e il rispetto delle decisioni giudiziarie non sono un'opzione ma un obbligo.

ELEZIONI EUROPEE 2019

I popoli europei non amano l'incertezza né gli obiettivi confusi. Amano la chiarezza, detestano i pressapochismi e le mezze misure. È questa la sfida dell'agenda europea in vista del vertice di Sibiu, che si svolgerà sei settimane dopo la Brexit e solo due settimane prima delle elezioni europee Sfruttere­mo i 250 giorni che ci separano dalle elezioni europee per dimostrare ai nostri cittadini che, se collaboriamo, l'Unione europea può ottenere risultati, e che rispetta gli impegni presi all'inizio di questo mandato. Prima delle elezioni europee dobbiamo dimostrare che l'Europa può superare le differenze tra Nord e Sud, tra Est e Ovest, tra sinistra e destra. L'Europa è troppo piccola per dividersi, una volta in due, una volta in quattro. Dobbiamo dimostrare che insieme possiamo gettare le fondamenta di un'Europa più sovrana. Vorrei che le elezioni dell'anno prossimo fossero un momento grandioso per la democrazia europea. Auspico che l'esperienza degli Spitzenkandidaten - questa piccola conquista della democrazia europea - si rinnovi. Per me, quest'esperienza sarà ancora più credibile il giorno in cui disporremo di vere e proprie liste trans­nazionali. Mi auguro che queste liste transnazionali siano una realtà entro le prossime elezioni europee del 2024.

  

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