Il 25 marzo 2017 è l’occasione per dare una svolta all’Unione Europea. La celebrazione dei 60 anni dai Trattati di Roma cade proprio nel momento in cui, dopo dieci anni di crisi politica, finanziaria, economica e sociale dell’Europa, sta emergendo la consapevolezza che un governo europeo reale è la condizione per dare risposte efficaci su due temi fondamentali: la sicurezza e lo sviluppo.  Questo governo deve essere responsabile di fronte ai cittadini europei in quanto tali, non in quanto italiani, francesi o tedeschi. E questa, a sua volta, è la condizione perché si affermi la democrazia europea.
Questo governo si chiama GOVERNO FEDERALE EUROPEO.
 

I federalisti europei salutano il Cancelliere Koll durante una manifestazione per la federazione euroepa, Bruxelles 1985
 

UNA DIFESA FEDERALE EUROPEA È OGGI POSSIBILE

Nel corso del 2016, si sono succedute iniziative da parte di alcuni governi europei e delle principali istituzioni europee che sono altrettante indicazioni della presenza di una forte volontà di procedere verso una difesa europea. Si tratta, qui, di ricordare in ordine cronologico le principali tappe di questo percorso. A fine giugno dello scorso anno, Jean Marc Ayrault e Frank-Walter Steinmeier, Ministri degli esteri, rispettivamente, di Francia e Germania, hanno proposto una cooperazione strutturata permanente nel settore della difesa, aperta ad altri paesi. Successivamente, nel corso della riunione informale del Consiglio dei Ministri degli Esteri, a Bratislava, il 2-3 settembre 2016, l’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Federica Mogherini, ha presentato le sue proposte su come attuare il Defence Action Plan, riprendendo, tra l’altro, quanto previsto dai trattati esistenti sulla cooperazione strutturata permanente.

L’Alto rappresentante, rispondendo ad un giornalista, ha tuttavia voluto precisare che “the European Army is not something that is going to happen any time soon, but what can happen very soon, if the Member States are committed, is to advance in the field of European defence with very concrete measures, and this is what I put on the table today”. L’11 settembre, a seguito della riunione del Consiglio, i Ministri della difesa di Francia e Germania, Jean-Yves Le Drian e Ursula von der Leyden, hanno inviato a Federica Mogherini un documento congiunto, insistendo sul ricorso alla cooperazione strutturata permanente.

Da parte sua, il 22 novembre scorso il Parlamento europeo ha approvato una Risoluzione sull’Unione europea della difesa nella quale, più volte, si esortano gli Stati membri a procedere ad una cooperazione strutturata permanente, finanziata con il “fondo iniziale” di cui all’art. 41.3 del Trattato sull’Unione europea, oppure con il bilancio europeo. Infine, il Consiglio europeo del 15 dicembre 2016 si è concluso invitando l’Alto Rappresentante a presentare proposte per “[…] l'istituzione di una capacità permanente di pianificazione operativa e condotta a livello strategico, il rafforzamento della pertinenza, utilizzabilità operativa e schierabilità degli strumenti di reazione rapida dell'UE” e, soprattutto, “elementi e opzioni per una cooperazione strutturata permanente inclusiva.

Da questa sequenza di eventi, emerge con chiarezza la volontà di Francia e Germania di procedere verso una cooperazione strutturata permanente, sostenuta da Commissione e Parlamento europeo. Emerge, però, con chiarezza anche il perimetro all’interno del quale si potranno fare dei passi avanti. Infatti, in questa fase, non vi è il consenso sull’istituzione di un unico esercito europeo in sostituzione di 27 eserciti nazionali e, quindi, se si vorrà procedere su questa strada, occorrerà seguire vie innovative. Un contributo in questo senso, può essere tratto dall’esperienza delle unioni federali esistenti, in particolare di quella americana.

Negli Stati Uniti, infatti, coesistono due eserciti, la Guardia Nazionale, a capo degli Stati membri della federazione, e l’esercito federale. Questa scelta, che distingue gli USA dalle altre unioni federali, risale agli anni della Guerra di indipendenza dalla Gran Bretagna. Le tredici Colonie americane, per ragioni politiche ed ideologiche, non vollero cedere l’intera competenza militare in capo all’esecutivo federale, dando origine ad una situazione specifica e che è durata fino a quando la struttura federale del continente ha saputo mantenersi inalterata e che, almeno formalmente, dura ancora oggi.

Dall’esperienza americana e dalle scelte prioritarie che, nel corso del tempo, sono state adottate dal governo federale e dagli Stati membri della federazione, si possono trarre delle indicazioni in merito alle misure che potranno essere adottate dall’Unione europea: a) la prima, come si è già detto, è che, siccome è impensabile la realizzazione di un unico esercito europeo in sostituzione di 27 eserciti nazionali, occorrerà, più realisticamente, pensare ad una struttura militare europea che convivrà, per lungo tempo, con gli attuali eserciti nazionali, che potranno essere dedicati ad una difesa territoriale in senso stretto; b) la seconda indicazione è l’istituzione di uno stato maggiore europeo (general staff) al comando di forze armate sufficienti a gestire e portare a termine le operazioni decise come UE e quelle condotte su richiesta delle Nazioni Unite. Come è avvenuto per gli USA, sarà poi l’evoluzione della situazione internazionale a suggerire il rafforzamento delle forze armate a disposizione dell’UE, con un arruolamento diretto o con il ricorso alle forze armate nazionali, nel qual caso dovrà però essere previsto un diritto di mobilitazione da parte dell’UE; c) la terza indicazione è l’istituzione di un’accademia militare sul modello di West Point. Ci vorrà, dunque, una West Point europea, in grado di formare gli ufficiali di ogni ordine e grado del sistema europeo di difesa in base ad un pensiero strategico e tattico comune; d) la quarta, in realtà, è la demistificazione dell’obiezione costantemente addotta per ostacolare qualunque passo verso una difesa federale europea: la standardizzazione degli armamenti. Il problema della standardizzazione ha cominciato ad essere superato quando la crescente importanza dell’innovazione tecnologica, rendeva sempre più evidente che non era possibile partecipare ad una guerra (a maggior ragione su scala mondiale) senza che lo sforzo bellico fosse accompagnato da una parallela riorganizzazione dell’industria militare. Non si vuole comunque sottovalutare il fatto che, in Europa, la standardizzazione è necessaria, non solo per ridurre i costi, ma anche per rendere più efficace lo strumento militare.

Ma occorre anche far notare che l’attuale livello di standardizzazione non è stato di ostacolo per iniziative multinazionali come, ad esempio, il Trattato istitutivo dell’Eurocorps. Dato questo precedente, si può sostenere che oggi è possibile compiere un passo verso una difesa comune, valorizzando, con lo strumento della cooperazione strutturata, le collaborazioni sovranazionali già esistenti nel settore militare, come quello appena ricordato.

Infatti, nel 2004, quattro dei paesi fondatori – Belgio, Francia, Germania e Lussemburgo – e la Spagna, hanno sottoscritto il trattato istitutivo dell’Eurocorps, entrato in vigore nel febbraio 2009, il quale prevede che i paesi partecipanti mobilitino fino a 60.000 uomini.

La forza militare di cui è attualmente dotato, nel 2002, ha ricevuto l’omologazione NATO quale forza di intervento rapido. Eurocorps, inoltre, è già dotato di uno stato maggiore unificato con sede a Strasburgo e, all’inizio del 2016, ha firmato una lettera d’intenti, sia pure non vincolante, con il Servizio esterno dell’UE al fine di rafforzare i legami tra le due organizzazioni, poiché Eurocorps “aspira a divenire, in futuro, il punto di forza militare privilegiato dell’UE”.

Un passo decisivo verso una difesa comune europea, potrebbe dunque essere l’integrazione del Trattato Eurocorps nei trattati europei, ma perché questo passo abbia successo, occorre che l’Italia decida di aderire a questa prima struttura militare europea[1].


[1] Questa soluzione, in gran parte, risponde ai contenuti del documento del governo italiano dal titolo “Visione italiana per una difesa europea più forte” (settembre 2016).

  

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