Nella seconda metà dell’Ottocento il giornalista e giramondo parigino di origine spagnola Charles Yriarte si avventurò in un viaggio lungo la costa adriatica da Venezia sino al Montenegro. Attento osservatore, Yriarte narrò di un mondo adriatico fortemente interconnesso, di un vero e proprio spazio comune nel quale si intrecciavano lingue, tradizioni, culture e commerci. 

Una realtà in larga parte compromessa nel Novecento, con la contrapposizione tra il blocco occidentale e quello orientale, con le rivendicazioni confinarie successive alle due Guerre Mondiali e con l’infiammarsi dei nazionalismi nei territori jugoslavi durante gli anni ‘90. 

Con l’entrata della Slovenia e della Croazia nell’UE  (nel 2004 e nel 2013), con le richieste di adesione comunitaria espresse da Montenegro e Albania e con il graduale raggiungimento di una stabilità politica dell’area, contraddistinta da alti tassi di crescita economica (Pil al +3,2 % in Albania e + 4,1 % in Montenegro nel 2016), si è aperta una nuova fase della relazioni adriatiche tra l’Italia e i vicini balcanici. Un processo in grado di coinvolgere i campi più disparati: dalla tutela del mare alla valorizzazione del patrimonio artistico culturale, passando per gli investimenti in settori strategici quali il turismo e le infrastrutture.

Numerosi sono gli strumenti a disposizione per avviare una proficua cooperazione transfrontaliera tra le due sponde adriatiche in un’ottica macro-regionale. Prima tra tutti è la Strategia UE per la Regione Adriatico Ionica, detta “EUSAIR”: adottata dalla Commissione Europea nel 2014 vede coinvolti Italia, Croazia, Slovenia, Grecia, Albania e Montenegro. Le finalità si concentrano soprattutto nella cosiddetta “crescita blu”, ovvero lo sviluppo di forme di economia sostenibile collegate al mare come la pesca, la nautica, la portualitá mercantile, le energie alternative e la ricerca di risorse naturali attraverso l’offshore. 

L’impegno di EUSAIR è culminato questo maggio in Grecia nella Conferenza di Ioannina, evento che ha visto la partecipazione di attori istituzionali e di oltre 200 piccole e medie imprese dei paesi rivieraschi, interessate a scambiare esperienze lavorative, intessere rapporti commerciali e ricercare nuovi mercati. In quest’ottica, di grande rilevanza é stato il “Vertice Annuale dei Balcani Occidentali”, tenutosi a Trieste il 12 Luglio e che ha visto il coinvolgimento di Italia (nella veste di presidente di turno) , Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro, Macedonia, Kosovo, Albania, Austria, Francia, Germania e Regno Unito. Tra i temi al centro dell’iniziativa  lo sviluppo delle reti infrastrutturali balcaniche e il loro collegamento con quelle europee, la cooperazione in materia di educazione scolastica e ricerca scientifica, la funzione delle PMI come strumento per consolidare il tessuto economico della regione. 

Il vertice si è concluso con la stipula di un “trattato sui trasporti”, sottoscritto da tutti i paesi balcanici (tranne che dalla Bosnia Erzegovina), che pone la basi per una graduale integrazione economica degli stati interessati in chiave di una futura nascita di un Mercato Unico dei Balcani, soluzione sostenuta dagli ambienti europei per contrastare l’influenza di Russia e Turchia nella regione. 

L’Italia, visti gli storici rapporti culturali e commerciali che la legano alla sponda orientale adriatica, può giocare un ruolo fondamentale nella crescita politica ed economica dell’area, diventando la capofila per la UE di tale processo e facendo diventare l’Adriatico un laboratorio di politiche di prossimità: non più un mare di divisioni, ma un luogo di integrazione. Un esempio d’interdipendenza.

  

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