Il rapporto Verhofstadt è redatto sotto forma di risoluzione ed inizia con l’inquadramento delle competenze del Parlamento, sottolineando il collegamento con gli altri due rapporti sulle prospettive dell’Unione attualmente in discussione nel PE (quello di Bresso-Brock sulla piena attuazione del Trattato di Lisbona e quello di Berès-Böge sulla capacità fiscale dell’eurozona).
L’inizio del testo è dedicato all’analisi delle attuali carenze dell’UE nella gestione delle drammatiche sfide che deve fronteggiare, che giustificano l’urgenza della riforma dei Trattati. Esso poi presenta, in diversi paragrafi, le proposte di riforma.

Mettere fine all’Europa “à la carte”

Per eliminare le soluzioni a “geometria variabile”, che sono un grave elemento di  debolezza dell’Unione e sono causa della carenza di trasparenza, di responsabilità e di controllo democratici, si propone di rivedere i Trattati per rifondare l’Unione sulla base di due categorie di Stati membri. La prima formata dagli Stati che partecipano a tutte le politiche comuni e che sono vincolati a quello che il rapporto definisce come il “metodo dell’Unione” – ossia un rinnovato sistema istituzionale europeo in cui la Commissione, in quanto esecutivo, ha l’iniziativa legislativa, il Parlamento e il Consiglio, in quanto rappresentanti rispettivamente dei cittadini e degli Stati (quest’ultimo, quindi trasformato in un Senato degli Stati), decidono con voto a maggioranza e la Corte di Giustizia esercita il controllo giurisdizionale. La seconda categoria composta dagli altri Stati che sono interessati solo ad alcune politiche e che assumono pertanto una “condizione di associato” con gli obblighi corrispondenti ai diritti di associazione.

L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione

Tale condizione di associato potrebbe anche essere la soluzione per rispettare la volontà dei cittadini britannici, tenuto conto del fatto che l’uscita dall’UE del principale Stato membro non facente parte dell’eurozona, alterando la forza e l’equilibrio istituzionale dell’UE, accentua la necessità della revisione dei Trattati. Dovranno inoltre essere previste soluzioni transitorie per la partecipazione del Regno Unito al processo decisionale dell’UE fino al momento in cui l’uscita diverrà effettiva, in modo da evitare che esso influenzi decisioni riguardanti l’Unione da cui si accinge ad uscire.

Un governo europeo dell’economia

Il primo punto su cui è necessario intervenire attraverso la revisione dei trattati è quello del governo economico. Di fronte alla palese incapacità delle istituzioni dell’UE , come pure delle soluzioni d’emergenza finora adottate, di por fine alla crisi economico-finanziaria e alle crescenti divergenze tra le economie dei paesi membri e di stimolare la crescita e la competitività dell’economia europea, si formulano due proposte fondamentali. La prima è quella - unitamente alla semplificazione delle procedure di controllo sui bilanci nazionali attualmente in vigore -   di stabilire un codice di convergenza giuridicamente vincolante, solo rispettando il quale un paese può accedere ai fondi europei per progetti di investimento o partecipare a nuovi strumenti che colleghino riforme economiche con incentivi fiscali. La seconda è quella di istituire una capacità fiscale dell’eurozona e un comune strumento di debito. In questo modo si realizza un trasferimento effettivo di sovranità, rendendo il coordinamento delle politiche economiche di fatto una competenza concorrente tra UE e Stati membri.
Per quanto riguarda il comune strumento di debito, ispirato alla proposta del Consiglio tedesco degli esperti economici del novembre 2011,  esso dovrebbe essere accessibile solo subordinatamente al rigoroso rispetto del codice di convergenza, in modo da evitare il c.d. moral hazard, ed essere completato da procedure di insolvenza che salvaguardino la  disciplina del mercato. La capacità fiscale dell'eurozona, invece, è finalizzata alla salvaguardia della stabilità finanziaria e agli interventi per mitigare gli shock asimmetrici e gli effetti della recessione. Essa deve essere basata su vere risorse proprie e su un vero Tesoro dotato del potere di emettere prestiti, incardinato nella Commissione e posto sotto il controllo democratico del PE e del Consiglio.
Poiché il rispetto del nuovo codice è cruciale per il funzionamento dell’UEM, sono necessarie istituzioni di governo più forti delle attuali:

  • il potere esecutivo deve essere concentrato nella Commissione, che formuli e attui la politica economica comune, combinando strumenti macroeconomici, fiscali e monetari, e sostenuta da un bilancio dell’area euro;
  • il Ministro delle finanze dovrebbe essere responsabile del funzionamento del Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM), detto anche Fondo Salva-Stati e degli altri strumenti mutualizzati, essere l’unico rappresentante dell’eurozona nelle organizzazioni economiche internazionali, avere il potere di intervenire nell’impostazione delle politiche economiche e fiscali nazionali nei casi in cui non sia rispettato il codice di convergenza e di utilizzare le risorse fiscali o i prestiti comuni a favore degli Stati che lo rispettino;
  • la BCE dovrebbe acquisire lo status di prestatore di ultima istanza (lender of last resort), cioè di un’istituzione disposta a concedere credito in una situazione di crisi in cui c'è una domanda di liquidità abnorme che non può essere soddisfatta da nessun altro soggetto economico;
  • la Corte europea di giustizia dovrebbe acquisire piena competenza sul funzionamento dell’EMU;
  • infine l’Unione bancaria dovrebbe essere completata al più presto sulla base di un preciso calendario.

Le nuove sfide

Nel rapporto si affronta anche il problema della creazione di un’Unione energetica, la questione dell'ampliamento dei poteri dell’UE in materia di immigrazione, della dotazione di Europol e Eurojust di vere competenze di investigazione e di incriminazione e quello del rafforzamento della politica estera. In particolare, a questo proposito, il rapporto propone che venga stabilita un’Unione di difesa che costituisca il pilastro europeo della NATO, ma possa agire anche autonomamente soprattutto per stabilizzare le regioni confinanti. E che venga abolito l’articolo degli attuali Trattati che esclude la giurisdizione della Corte europea di Giustizia sulla CSFP e che vengano estesi i poteri di controllo del PE su di essa e sul suo bilancio.

Più democrazia, trasparenza e responsabilità

La cessione di sovranità prevista nel rapporto soprattutto in materia di governance economica deve necessariamente accompagnarsi ad un rafforzamento della legittimità democratica delle istituzioni europee e alla creazione di meccanismi politici che garantiscano la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali. Perché ciò sia possibile:

  • la Commissione, trasformata nel vero governo dell’Unione, deve vedere ridotto il numero dei suoi membri e dei vice-Presidenti (limitati al Ministro delle Finanze e a quello degli Esteri) e diventare maggiormente responsabile di fronte al Parlamento europeo attraverso una riforma della legge elettorale che rafforzi il processo di elezione diretta del Presidente della Commissione. La nuova legge elettorale deve essere uniforme e prevedere, per ciascun partito, la presentazione due liste: una nazionale e una sovanazionale; il capolista di quest’ultima dovrebbe essere il candidato del partito alla presidenza della Commissione;
  • il Consiglio europeo, espressione del metodo intergovernativo, deve trasformarsi in organo di coordinamento del Consiglio (dei Ministri), a sua volta trasformato nella seconda camera degli Stati e pienamente coinvolto nel processo legislativo. Il Consiglio può anche assumere configurazioni specializzate, come, ad esempio, l’Eurogruppo, che può mantenere solo funzioni legislative e di controllo, e non esecutive;
  • quando il Parlamento e il Consiglio legiferano a proposito dell’eurozona, devono poter partecipare al voto solo i membri eletti o nominati dai paesi che ne fanno parte, anche se il rafforzamento dell’eurozona deve avvenire nel rispetto degli interessi dei paesi che non ne fanno ancora parte (“pre-ins”);
  • ai Parlamenti nazionali deve essere riconosciuto un ruolo maggiore, sia nel controllo delle scelte legislative e politiche dei rispettivi membri del Consiglio degli Stati, sia attraverso una procedura di “cartellino verde”, che consenta loro di avanzare proposte legislative al Consiglio;
  • il diritto di iniziativa legislativa deve essere riconosciuto anche ad entrambe le Camere del Parlamento, oltre che all’Esecutivo europeo;
  • il diritto di inchiesta del Parlamento deve venir rafforzato;
  • si deve tornare ad un vero sistema di risorse proprie del bilancio dell’UE, abolendo i contributi nazionali legati al PIL e facendo in modo che le procedure decisionali sulle risorse proprie sul quadro finanziario pluriennale avvengano con voto a maggioranza e che la Commissione e tutte le istituzioni dell’UE siano responsabili della gestione del proprio bilancio davanti al Parlamento;
  • infine, per ovviare all’attuale rigidità delle procedure di ratifica e modifica dei Trattati, le modifiche devono entrare in vigore non più all'unanimità, ma dopo la ratifica di (almeno) quattro quinti degli Stati membri; gli Stati che, al raggiungimento del quorum, non intendono ratificare, devono decidere se avviare il processo di secessione od optare per lo stato di associato.

 Il processo costituzionale

Il rapporto si conclude con l’impegno che il Parlamento svolga un ruolo trainante nello sviluppo costituzionale dell’UE avanzando, a tempo debito, le proprie proposte di emendamento dei Trattati e con l’auspicio che la ricorrenza del 60° anniversario dei Trattati di Roma costituisca l’occasione per la convocazione di una Convenzione che renda l’UE pronta ad affrontare i prossimi decenni.

  

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