Il 22 novembre 2023 il Parlamento Europeo ha approvato il rapporto che contiene le proposte per rendere l'Unione Europea più democratica e capace di agire, alcune delle quali farebbero fare all'Unione Europea un passo significativo verso un'unione federale.
Il rapporto è stato presentato al Consiglio Europeo insieme alla richiesta di convocare una Convenzione per la riforma dei Trattati UE.

Il 22 novembre, con un voto che abbiamo voluto definire storico nel comunicato che trovate in questa pagina, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione per chiedere al Consiglio europeo l’apertura di una Convenzione per la riforma dei Trattati, accompagnata da un rapporto che contiene le proposte di emendamento necessarie per rispondere innanzitutto alle richieste avanzate dai cittadini nel corso della Conferenza sul futuro dell’Europa (CoFoE) e modificare l’assetto politico-istituzionale dell’UE rendendolo più efficace e democratico. Era il voto che aspettavamo da tanto tempo, culmine di un lungo percorso a tappe che aveva avuto nella CoFoE il proprio fulcro. Un atto che da parte del Parlamento europeo mancava da quarant’anni, da quando nel febbraio del 1984 aveva approvato il Progetto Spinelli, ossia la proposta di nuovo Trattato che avrebbe dovuto istituire il primo embrione federale, dando vita ad un’unione economica che poi i governi nazionali avevano rigettato scegliendo di proseguire con l’Atto Unico sulla via dell’integrazione del Mercato. Un voto, quello di pochi giorni fa, che pertanto segna una coraggiosa presa di posizione da parte dell’istituzione che rappresenta i cittadini e un tentativo per cercare di svegliare dall’inerzia intergovernativa questa UE, che deve superare il suo modello inadeguato rispetto ad un mondo in cui tornano la politica di potenza, il protagonismo dei grandi Stati, spesso autoritari, la guerra e la sfida alla democrazia.

Rispetto al testo approvato in AFCO (la Commissione Affari Costituzionali del PE) a ottobre, quello portato il 22 in plenaria dai cinque rapporteur che lo hanno elaborato (provenienti dalle cinque famiglie pro-europee del PE: PPE, Renew Europe, S&D, Verdi e Sinistra), ha subito alcuni tagli pesanti. In particolare è stata eliminata la proposta di creare una capacità fiscale autonoma e si è preteso di eliminare la possibilità del voto a maggioranza sulla decisione di avviare un’unione della difesa (decisione che resta quindi all’unanimità, anche se, una volta assunta, l’unione della difesa delineata dalle proposte del PE avrebbe caratteri genuinamente sovranazionali). Nel quaderno federalista pubblicato a pagg. 8-9 Luca Lionello spiega bene cosa rimane inalterato nel testo approvato e quali restano quindi i suoi punti di forza. Ciò non toglie che è un fatto che molti esponenti delle forze più conservatrici della coalizione che pure ha lavorato in AFCO sulle proposte di riforma hanno preteso che venissero sacrificati due passaggi percepiti come cruciali per quanto riguarda la sovranità politica; così come un fatto che la maggioranza è stata comunque risicata, e questo spiega bene le ragioni per cui si è accettato un compromesso così pesante. D’altro canto, resta intatto il fatto che questi passaggi sono ineludibili se si vuole che l’Europa non continui a trovarsi impantanata nei meccanismi intergovernativi, per questo non potranno essere ignorati nel momento in cui si aprisse una Convenzione per modificare i Trattati. La Convenzione, infatti, sarà un quadro in cui il tema del futuro dell’Europa e quello di come renderla capace di governare le sfide politiche ed economiche con cui siamo confrontati non potranno essere eluse, a maggior ragione se si riuscirà a rendere pubblico il dibattito su questi temi

Il voto del Parlamento europeo, come ha sottolineato Daniel Freund (parlamentare europeo dei Verdi, uno dei cinque co-rapporteur del Rapporto), segna quindi una svolta. Ora la questione non è più “se” si farà una riforma dei Trattati, ma “quando”. Il prossimo passaggio – per certi aspetti il più difficile – sarà pertanto quello dell’ottenere l’avvio della Convenzione. Molti governi si stanno opponendo e stanno cercando di bloccare il processo. Il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, potrebbe usare la tattica del rinvio, fino a far deragliare tutto il lavoro fin qui fatto su un binario morto. Sarebbe uno scandalo, un’offesa alla democrazia di una gravità inaudita: vorrebbe dire tradire la parola data ai cittadini quando è stata varata la Conferenza sul futuro dell’Europa, mortificare la partecipazione democratica e persino i Trattati, che comunque assegnano al PE il potere di chiedere una Convenzione sulla base di precise proposte di riforma e garantiscono il diritto di vedere questa richiesta trasmessa ai Governi che devono decidere a maggioranza semplice. 

Mentre le elezioni europee si avvicinano, per noi federalisti, e per tutti gli europei democratici, si apre dunque una partita decisiva: quella di ottenere a marzo la decisione favorevole sulla Convenzione da parte del Consiglio europeo. Le stesse elezioni europee saranno molto diverse a seconda che ci sia questo appuntamento già stabilito – anche se sarà per quando le nuove istituzioni saranno entrate in funzione – oppure no. Serve allora una mobilitazione per premere sul Parlamento italiano e sul Governo, perché l’Italia giochi a sostegno dell’avvio della riforma dei Trattati; a questo scopo dobbiamo coinvolgere i cittadini, le forze sociali e politiche sul territorio, i Consigli comunali, perché dalla consapevolezza della opportunità e della posta in gioco in questo momento in Europa possa nascere un movimento democratico in grado di imporre comportamenti responsabili alla politica nazionale.

Oggi più che mai, la via da percorrere non è facile né sicura; ma deve essere percorsa e lo sarà.

 

  

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