Il 6 luglio 1989 Michail Gorbačëv interveniva a Strasburgo ad una riunione del Consiglio d’Europa a cui, per l’occasione, furono invitati i membri del Parlamento europeo. Nel suo discorso ebbe modo di richiamare l’idea della Casa Comune Europea affermando che: “…l’idea dell’unità europea deve essere ripensata collettivamente…qualsiasi tentativo di limitare la sovranità degli Stati - sia amici che alleati - è inammissibile”. Pochi giorni dopo, Il 1° agosto 1989, dinanzi al Soviet Supremo nel riferire i risultati della sua visita a Strasburgo, a proposito della politica mondiale dichiarava: “...l’inammissibilità e l’assurdità di una soluzione bellica dei problemi e dei conflitti tra Stati; la priorità dei valori universali; la libertà di scelta; la riduzione degli armamenti e il superamento del confronto militare; la necessità della cooperazione economica tra est ed ovest e la internazionalizzazione degli sforzi nel campo della ecologia; la correlazione tra politica ed etica… Ogni popolo decide autonomamente le sorti del proprio Paese e sceglie il sistema e il regime che preferisce e nessuno può, con qualsiasi pretesto, intromettersi dall’esterno e imporre le proprie concezioni a un altro Paese”. Sono parole che certamente hanno ferito nel profondo il trentasettenne Vladimir Putin, a quell’epoca agente del KGB di stanza a Dresda nella Repubblica Democratica Tedesca. Quelle frasi deve averle ricordate nel momento della morte di Gorbačëv, avvenuta lo scorso 30 agosto, negandogli i funerali di Stato e non partecipando all’estremo saluto all’uomo a cui addossava la responsabilità della dissoluzione dell’URSS. È stato così che lo scorso febbraio, annunciando che l’Ucraina non ha diritto ad una propria sovranità, ha dato il via all’aggressione militare, rinnegando in modo chiaro e definitivo gli ideali dell’ultimo Presidente dell’URSS e ultimo Segretario generale del PCUS.

Con l’invasione Putin ha inviato un chiaro messaggio al mondo intero e in particolare all’Occidente: la Russia intende avere un ruolo nella gestione della politica mondiale ed è un diritto che intende sostenere con ogni mezzo, anche con il ricorso alla forza militare. Riprendendo slogan che ricordano quelli dei regimi fascisti degli anni ’30 del secolo scorso, ha accusato l’Occidente di essere in declino e corrotto, di avere in odio il mondo russo sino al punto di auspicarne l’emarginazione e la chiusura dei suoi spazi vitali, politici ed economici. Con la cosiddetta operazione speciale in Ucraina vuole confermare che la Russia è intenzionata a difendere i propri interessi contro il modello politico giudicato obsoleto delle democrazie. L’operazione speciale, che doveva concludersi in tempi rapidi con la caduta di Zelensky e l’instaurazione a Kiev di un governo amico, è tuttora in corso e anche al popolo russo non è più possibile nascondere la verità dietro perifrasi che in realtà mostrano lo svolgersi di una guerra. Una guerra che trascina dietro di sé un alto costo di vite umane e che ha aperto una nuova fase della politica mondiale. La compattezza dell’Occidente nel sostenere la resistenza ucraina con ogni mezzo militare e con una serie di pesanti sanzioni sta ponendo Putin e la Russia dinanzi ad una grave situazione sia nella politica interna che estera. La guerra presenta un alto costo in primis all’Ucraina e all’Europa. Ma è il mondo intero a pagare un prezzo a questa guerra di conquista ed è doveroso sostenere ogni sforzo per impedire che la brutalità abbia il sopravvento sulla ragione e sul diritto di un popolo, quello ucraino, di esistere. Reagire con le sanzioni alla Russia e con l’aiuto alla Ucraina comporta per l’Europa un costo che tutti noi percepiamo ogni giorno pensando al lievitare dei costi energetici e alla instabilità economica ed industriale che ha conseguenze anche in campo sociale. Il prolungarsi della guerra sta mostrando le fragilità di una potenza con enormi limiti in campo militare, nonostante gli annunci roboanti e che ha bisogno di minacciare il ricorso alle armi nucleari. Un eventuale uso dell’arma nucleare equivarrebbe ad ammettere che la guerra sul campo non è in grado di vincerla, ma sarebbe anche l’inizio di un conflitto mondiale. Si tratta di uno scenario impossibile da immaginare. Possiamo però accennare ad alcune conseguenze che la guerra comporta già oggi per la Russia.

Le sanzioni contro la Russia non sono una novità. Erano state avviate negli anni ’80 a seguito della invasione dell’Afghanistan e poi sospese all’indomani del ritiro delle truppe. Dopo il referendum farsa in Crimea nel 2014 sono state riprese ed erano in corso per essere poi aggravate con l’invasione. In questa circostanza le sanzioni sono state rafforzate con la differenza, rispetto al passato, di voler azzerare la fornitura di materie prime dalla Russia, in particolare di gas e petrolio. Dal febbraio 2022 gas e petrolio sono diventati così un vero e proprio terreno di scontro con l’Europa. Le sanzioni e la riduzione delle forniture energetiche hanno avuto come effetto immediato quello di porre l’Europa dinanzi alle proprie difficoltà e ai propri ritardi. Sono difficoltà che però si riscontrano anche in Russia. Nel Paese gli effetti delle sanzioni si evidenziano nel lungo periodo, perché in realtà la Russia è una superpotenza con molti limiti strutturali, con una importante industria pesante, ma con una industria manifatturiera totalmente assente e una forte dipendenza dall’import. La maggioranza della popolazione vive in condizioni di relativa povertà nelle vaste regioni siberiane in piccoli centri e con scarsi contatti con la società più avanzata. È da questa parte del Paese che inizialmente Putin ha reclutato le truppe per lanciare l’attacco alla Ucraina.

In questa stessa vasta area l’agricoltura impegna circa 14 milioni di addetti e risulta la seconda voce dell’export dopo quello delle materie prime. Va ricordato che il 30% della popolazione rurale (circa 60 milioni) non dispone di strade asfaltate; il 45% non dispone di acqua sana e potabile; solo il 5% dei contadini ha accesso alla rete fognaria, un dato oggi uguale a quello del 1990. Questa è la vera Russia, peraltro arretrata poiché la rendita per ettaro dei terreni lavorati è inferiore del 10% rispetto alla media mondiale. Le sanzioni dell’Occidente qui, dove vive la metà circa della popolazione, arrivano con grave ritardo mentre hanno una evidenza nelle grandi metropoli dell’Occidente russo. L’arretratezza generale del Paese si percepisce anche da un fattore che indica la qualità della vita della popolazione. La vita media in Russia è di 66 anni, circa 20 anni in meno di un cittadino della UE. Anche in Russia il welfare e le casse statali sono in forte sofferenza, perché non sono più in grado, nel rispetto della vecchia legislazione sovietica, di sostenere i costi di un sistema pensionistico slegato dalla logica industriale e fiscale di bilancio. E proprio dalle regioni agricole del Paese che sono più coinvolte nella guerra, dal momento che da qui sono partiti a loro insaputa i primi giovani destinati al fronte e ancor di più di recente con il richiamo alle armi di 300.000 riservisti, potrebbero partire delle proteste che minano la stabilità dell’attuale potere. Fu quello che accadde durante la guerra in Afghanistan. Oggi, fonti internazionali, indicano in 50.000 i soldati russi morti in Ucraina e non è casuale che Mosca neghi spesso il rientro delle salme. Questo potrebbe essere un fronte interno che con il tempo si potrebbe rivoltare contro l’establishment.

Anche il fronte militare mina la credibilità di Putin. L’operazione speciale doveva essere rapida ed indolore, ma per rispondere alle controffensive ucraine e alla sua resistenza, grazie agli aiuti militari occidentali, Putin ha già cambiato cinque o sei comandanti in capo dell’Esercito e della Marina, segno di impreparazione e incapacità di gestire una guerra che sempre più fa ricorso a intelligence e supporto satellitare.

Vi è poi il fronte economico e qui i dati non mentono sulla efficacia delle sanzioni e sulle conseguenze della guerra come la tabella sintetizza:


Principali Indicatori

2021

2022

2023 previsione

PIL in %

+4,7

-11

-4,1

Prezzi al consumo %

+8,3

+16,3

+8,7

Inflazione %

+6,7

+22

+25 (+7*)

Export in mld €

416

412

338

Import in mld €

248

133

94

Fonti: Consiglio Europeo; Governo italiano - * stima Banca Centrale di Russia


L’alto tasso di inflazione e il crollo delle importazioni per una nazione che manca di industrie manifatturiere impattano sulla vita dei cittadini, ma è impossibile dire nel breve con quali conseguenze per la leadership.

Vi è un ultimo punto cui accennare e riguarda le difficoltà che la conduzione di questa guerra sta creando ai possibili alleati della Russia, in primis Cina e India, Paesi che fanno del commercio la propria forza e che una guerra senza fine sta stravolgendo. Le pressioni delle due potenze asiatiche, cui Putin si sta rivolgendo per il proprio export ed import, potrebbero indurlo a più miti consigli. Lo scenario in Russia, tuttavia, è difficile da interpretare, vi sono tutti i sintomi di una grave difficoltà che dal campo di battaglia si sposta anche all’interno del Paese e nelle stanze del potere a Mosca, ma quanto questi possano portare ad un cambio di regime è impossibile da dire. Potrebbe anche accadere che Putin venga emarginato, ma a prevalere potrebbe essere la frangia più oltranzista con conseguenze ancor più catastrofiche per il mondo intero e l’Europa sarebbe la prima a viverne le conseguenze.

 

 

  

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