Le critiche alla Bozza e la mancata ratifica vengono oggi motivate con il permanere della deforestazione in Amazzonia e con la mancanza di rispetto da parte dei Paesi del Mercosur dei temi ambientali e dei diritti dei lavoratori. Non vi è alcun cenno alle pressioni fatte alla Commissione dalle lobbies del mondo agricolo.


Nell’estate del 2019, in prossimità della conclusione del proprio mandato, l’allora Presidente della Commissione europea Juncker annunciò con grande soddisfazione la Bozza di Accordo commerciale tra UE e  Mercosur, il mercato comune del Sud America composto da Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay (il Venezuela ne è al momento sospeso, mentre Cile e Bolivia partecipano ai lavori in qualità di osservatori prossimi alla piena adesione). La Bozza aveva richiesto oltre venti anni di discussioni, stesure e revisioni, ma la sua approvazione, perché venga convertito in un Accordo, richiede il voto unanime di tutti i Paesi membri di entrambi i blocchi commerciali. Ad oggi è ancora in sospeso, anche se l’auspicio è che possa essere raggiunto un ragionevole compromesso. I ritardi per una approvazione risiedono in una lotta serrata avviata dalle lobbies sin dai primi giorni di presentazione della Bozza. Dapprima i produttori di zucchero in Germania, cui fecero seguito gli allevatori irlandesi e olandesi, poi l’intero mondo agricolo francese. Il timore era di una invasione di prodotti agricoli sudamericani che avrebbero abbattuto i prezzi di mercato. Parimenti in Argentina e Brasile la Bozza venne invece contestata dal mondo metalmeccanico (settore auto e agricolo) timoroso della concorrenza dei mezzi made in UE.

Sull’onda delle prime contestazioni si mossero poi i governi di Austria e Olanda che bocciarono la Bozza, mentre nel giugno scorso l’Assemblea Nazionale Francese l’ha rigettata con una ampia maggioranza proprio nei giorni in cui von der Leyen stava compiendo un tour in America Latina in preparazione del vertice UE-America Latina che si sarebbe svolto a luglio a Roma. Il Vertice di Roma, oltre a rinsaldare più in generale sul piano politico i legami storici tra Europa e America Latina, doveva favorire accordi per l’importazione in Europa di materie prime e, a margine, per discutere di come raggiungere una intesa con i Paesi del Mercosur. Qui subentra un aspetto che nasconde, in realtà, una certa ipocrisia europea. Le critiche alla Bozza e la mancata ratifica vengono oggi motivate dalla Commissione (con l’appoggio di molti governi europei) con il permanere della deforestazione in Amazzonia e con la mancanza di rispetto da parte dei Paesi del Mercosur dei temi ambientali e dei diritti dei lavoratori. Non vi è alcun cenno alle pressioni fatte alla Commissione dal mondo agricolo. Per siglare l’Accordo, alla Bozza già a disposizione, la Commissione europea ha aggiunto delle clausole ben specifiche che richiedono di: 1) favorire elevati ed efficaci standard di produzione nel pieno rispetto dei diritti dei lavoratori; 2) prestare massima attenzione ai cambiamenti climatici; 3) rafforzare la cooperazione nella difesa della biodiversità; 4) garantire la protezione delle foreste e garantire ai cittadini europei che i prodotti alimentari importati non provengano da piantagioni nate dalla deforestazione; 5) rispettare e promuovere i diritti dei lavoratori; 6) rafforzare la cooperazione ambientale; 7) rispettare i diritti civili e sociali delle popolazioni indigene; 8) far nascere un foro per monitorare l’applicazione di queste regole.

Le nuove clausole hanno scatenato le ire di Lula che, una volta rientrato in Brasile, ha dichiarato che “gli europei la devono smettere di dirci cosa dobbiamo fare”. Il governo del Paraguay ha dichiarato che queste clausole oltre che essere irrispettose vorrebbero in realtà affossare l’economia del Paese. Il governo dell’Uruguay da tempo si è espresso per stringere accordi commerciali più favorevoli con i Paesi del Pacifico (sono in corso accodi con Singapore e con la Cina). Una intesa in un incerto futuro verrà trovata, per un reciproco interesse, ma una ripresa della discussione potrà esserci solo dopo le elezioni presidenziali in Argentina il prossimo mese di ottobre. L’attuale candidato, dato per favorito dopo le elezioni primarie di agosto, è Javier Milei, un iperliberista che ha in Trump e in Bolsonaro i propri modelli di riferimento politico. In più occasioni ha dichiarato di voler uscire dal Mercosur, di volere il ritorno della dollarizzazione in Argentina (oggi vi è una inflazione che viaggia ad oltre il 110%) e di non volere nessuna intesa con il Presidente brasiliano Lula, considerato un comunista. Qualora dovesse vincere le elezioni si dovrà verificare se dagli slogan populisti saprà poi governare il Paese dismettendo i panni da Capitano delle Galassie che indossa nei comizi.

Va aggiunto che le richieste della Commissione hanno un loro ragion d’essere ma, dopo oltre venti anni, un atteggiamento più serio delle istituzioni europee (governi nazionali inclusi) lo si doveva pretendere nell’elaborare una bozza di intesa. Nel 2019 non si conoscevano le condizioni in cui sono costretti gli addetti del settore agroalimentare in America del Sud? Non erano note le persecuzioni contro le popolazioni indigene e la deforestazione in Amazzonia? Nella stesura delle nuove clausole vi è di certo il richiamo ad una legge della UE dell’aprile di questo anno che vieta l’importazione e acquisto di prodotti che comportano (o hanno comportato) la distruzione dell’ambiente. Se si applicasse questa legge alla lettera, molti prodotti e molte materie prime che importiamo dalla Cina, dal Sud est asiatico o dall’Africa dovrebbero essere vietate.

Che vi sia in Europa una forma di falsa coscienza lo si è visto anche da un’altra situazione in occasione del Vertice di otto Capi di Stato svoltosi a Belem per iniziativa del Presidente Lula. Gli otto Capi di Stato erano in rappresentanza delle Nazioni che condividono la foresta amazzonica: Brasile, Bolivia Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Suriname e Venezuela. Obiettivo del Vertice, conclusosi con una quanto mai generica dichiarazione, aveva come tema centrale quello della difesa della Amazzonia e il contrasto alla deforestazione con l’impegno a porvi fine entro il 2030, quando nessuno degli otto presidenti sarà sicuro di essere ancora in carica. Al Vertice Lula aveva invitato anche il Presidente francese Macron in qualità di Capo di Stato della Guyana francese, un invito rivolto in qualità di Paese associato e non di Stato dell’Amazzonia. In base a questa distinzione formale, Macron ha declinato l’invito, mandando solo l’Ambasciatore, ma in realtà se avesse partecipato avrebbe avuto modo di motivare in modo chiaro e netto le posizioni europee a proposito della difesa dell’ambiente. Il problema è che avrebbe ricevuto molto probabilmente anche molte critiche. La Francia si è distinta nella UE per una posizione molto rigida sui temi ambientali, ma in realtà le pressioni del mondo agricolo - e non solo - francese hanno giocato un ruolo determinante.

Sino a quando la PAC (politica agricola) inciderà per oltre il 33% sul bilancio della UE è inevitabile che il mondo agricolo abbia una voce determinante in occasione di un qualsiasi accordo commerciale, come è già accaduto recentemente, con l’Accordo con il Canada (CETA) ove uno dei punti più contrastati e che ne hanno causato un ritardo nella approvazione, è stato proprio il tema della tutela del marchio di alcuni prodotti agricoli.

 

  

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