Lo scorso 24 marzo i comandanti dell'aviazione di Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia hanno rilasciato una dichiarazione congiunta (Nordic Air Commanders' Intent) sull'intenzione dei quattro Stati di procedere all'integrazione delle proprie forze aeree.

L'iniziativa è stata presentata presso la base aerea di Ramstein, alla presenza del comandante delle forze aeree NATO (e capo delle US Air Force Europe) generale James Hecker, come rilevante per tutta l'Alleanza Atlantica. Il comandante dell'Aviazione Reale Norvegese, Rolf Folland, ha in seguito dichiarato di vedere il progetto come l'occasione per creare una struttura integrata per il Nord con la possibilità di coinvolgere i comandi aerei di USA e Canada, di fatto riunificando tutta la difesa aerea della regione artica (High North).

Occorre chiarire che l'iniziativa è limitata alla sola difesa aerea, per la quale sono state individuate quattro aree da integrare: comando, dispiegamento flessibile e resiliente delle forze aeree, sorveglianza dello spazio aereo, formazione.

L'impostazione attuale delle forze aeree dei quattro Stati risente molto dello scenario politico e strategico del secondo dopoguerra: pur con percorsi politici differenti (segnatamente l'integrazione europea e atlantica), le aeronautiche sono state concepite per assolvere ai compiti di sorveglianza e della difesa territoriale (interdizione e air policing), sorveglianza degli spazi marittimi e capacità di operare anche in caso di attacco da un aggressore identificato all'epoca con l'Unione Sovietica e oggi con la Federazione Russa.

Per quanto riguarda velivoli e armamenti, ogni Stato si è rivolto a fornitori europei e americani o, nel caso svedese, a produzioni nazionali, per cui i “250 moderni aeromobili” coinvolti dal progetto sono molto diversi tra loro.

Per capire l'effettiva portata della “dichiarazione congiunta” è necessario analizzare la peculiarità della regione nordica.

Gli Stati nordici sono coinvolti in un processo di integrazione regionale che da decenni coinvolge diversi settori e che prosegue in maniera trasversale rispetto all'integrazione europea e atlantica.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli stati vincitori (Danimarca, Norvegia, Islanda), neutrali (Svezia) e sconfitti (Finlandia) erano accomunati dall'adesione all'economia di mercato, da un regime democratico e dall'esigenza di difendersi dall'espansionismo sovietico. Già nel 1948 la Svezia propose a Danimarca e Norvegia di avviare un'Unione Nordica per la Difesa, eventualmente da allargare alla Finlandia previo un improbabile assenso sovietico. Il progetto si arenò già nel 1949 con la creazione della NATO che vide tra i fondatori Danimarca e Norvegia ma non la Svezia che optò per la neutralità. I paesi nordici istituirono comunque un forum comune economico nel 1952, il Consiglio Nordico.

Il coinvolgimento dei paesi nordici nel processo di integrazione europea che si delineava sul continente è stato, al contrario, decisamente meno lineare: la Danimarca ha aderito tardivamente nel 1975 dopo l'esperienza dell'EFTA, la Norvegia si è sfilata dal processo dopo più consultazioni referendarie con esito negativo. La concessione dell'autogoverno alla Groenlandia ha portato al ritiro di questa dalla CEE nel 1985, pur continuando a far parte della monarchia danese e in quanto tale territorio protetto dalla NATO. A seguito della fine del blocco bipolare, nel 1995 Svezia e Finlandia aderirono all'Unione ma solo quest'ultima ha aderito (fin da subito) alla moneta unica, vista come baluardo politico europeo contro l'espansionismo russo.

Sul piano della difesa invece, già nei primi anni del XXI secolo, la rinnovata assertività russa con frequenti sconfinamenti nello spazio aereo e navale dei vicini ha portato ad esercitazioni congiunte tra i singoli Stati o tra l'Alleanza Atlantica e gli Stati non membri.

Nel 2009 vide la luce la Nordic Defence Cooperation (NORDEFCO), struttura di cooperazione tra i ministeri della difesa che si occupa di coordinare ricerca e sviluppo, formazione e addestramento ma senza un comando militare congiunto.

Parallelamente, gli Stati hanno siglato accordi bilaterali per l'accesso e l'uso delle proprie infrastrutture.

Nell'ambito dell'Unione europea, che ha una competenza residuale in campo della difesa, si è costruito nel 2008 il Nordic Battlegrup con anche il coinvolgimento delle tre Repubbliche baltiche e della Norvegia come contributore esterno.

L'invasione russa dell'Ucraina dello scorso anno ha portato, a fronte di un rischio concreto per la sicurezza, i due stati neutrali, Svezia e Finlandia, a rompere gli indugi e intraprendere il percorso di adesione all'Alleanza Atlantica, rompendo una tradizione di neutralità plurisecolare nel primo caso e derivante da un quadro non più esistente nel secondo (la “fiducia” tra le superpotenze).

Al momento, con l'adesione formale della Finlandia e l'ammissione della Svezia ancora pendente per il veto turco, l'iniziativa della dichiarazione congiunta va vista in quest'ottica: in primis uno strumento operativo per rafforzare il fianco nord/orientale della difesa atlantica e in secondo luogo per ribadire il coinvolgimento di tutti i paesi nordici alla propria difesa, Svezia inclusa.

Non possiamo attribuire altri significati all'iniziativa: la dichiarazione arriva da un livello operativo (i capi dell'aeronautica) e non ministeriale o governativo, come ricordato all'inizio gli obiettivi sono limitati a quattro aree tecniche e non politiche, lo scopo del progetto non è l'unificazione delle forze aeree ma solo l'integrazione di un servizio, non sono coinvolte le altre forze armate e non è indicato un quadro diverso rispetto a quello NATO.

Il nodo, ancora una volta, è tutto politico: la difesa aerea congiunta funziona se è nell'ambito dell'Alleanza Atlantica e questa funziona se gli Stati Uniti sono pienamente coinvolti nella difesa dell'Europa.

Se l'ambizione dei Paesi nordici è diversa, come unificare le forze armate o costruire una federazione regionale (già un report del Consiglio Nordico del 2010 indagava sull'ipotesi di una “Federazione nordica”), occorre una volontà politica di livello molto più elevato.

La difesa aerea integrata offre un modello che può essere adottato con relativa facilità in altre regioni europee per compiti analoghi, ma non è l'esempio da cui partire per la creazione di una difesa europea autonoma e in grado di rispondere alle sfide globali.

 

  

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